Tre film per smettere di odiare Carlo Vanzina

Carlo Vanzina, “Ma chi quello dei cinepanettoni?” Sì, proprio lui. 
Il regista che tutti odiano. O meglio, che tutti amano odiare. 

Perché parliamoci chiaro, se non ci fosse stato lui negli ultimi trent’anni di cinema comico, con chi ve la sareste presa?

Checco Zalone è arrivato dopo, gli youtubers prestati al cinema sono troppo recenti. E allora chi rimane? Il regista che ha sdoganato la cafonaggine, che ha fatto film “scorreggioni”, che ha “rovinato il cinema italiano” (tormentone cinefilo più famoso delle hit latinoamericane dell’estate).

Cinepanettone è diventato sinonimo di Vanzina, un po’ perché ci si dimentica degli altri registi che hanno contribuito nel bene e nel male al successo di questo genere (Neri Parenti, per dirne uno) e un po’ perché è vero, il primo Vacanze di Natale lo ha fatto lui

E allora è giusto odiarlo.

Però ricordatevi di farlo anche quando vi viene da ridere nel sentire l’imitazione del terrunciello o del cumenda milanese, o quando condividete sui social i meme di Jerry Calà che esclama «Non sono bello, piaccio!». 

Ricordatevi di odiarlo, perché se non lo fate potreste accorgervi che non lo odiate affatto.

L’associazione Vanzina – cinepanettone è la più immediata, ma non sempre la più esatta. Figlio di uno dei maggiori esponenti della Commedia all’Italiana, Stefano Vanzina in arte Steno – che ha firmato film come Guardie e ladri, Febbre da cavallo e Banana Joe – Carlo, insieme al fratello sceneggiatore Enrico, ha portato sullo schermo prima di tutto un atteggiamento. Un modo di essere tutto italiano dal quale forse ci si vuole distaccare ma che, se non si è ipocriti, non si può dire che non ci appartenga (o non ci sia appartenuto): la piccola borghesia arricchita degli anni ’80 e ’90 spocchiosa e altezzosa, in una parola “cafona”; i “poveracci” che fanno di tutto per somigliare ai loro modelli rendendosi quanto mai ridicoli. 

Vanzina ha dipinto questo aspetto dell’italianità senza peli sulla lingua, in modo chiaro e più diretto che mai, spesso portandolo all’esasperazione attraverso l’eccesso e la volgarità. Alcuni suoi film sono diventati negli anni dei veri e propri cult, delle icone della commedia italiana recente, le cui battute sono impresse nella mente di tutti, arrivando a essere degli status che resistono al tempo e alle generazioni. 

Chi non ricorda Guido Nicheli e il suo «Alboreto is nothing», mente sapendo di mentire (da Milano a Cortina occorrono circa cinque ore e Donatone Braghetti, interpretato da Nicheli, si vanta di averne impiegate meno di tre, meglio di quel che avrebbe fatto il pilota di Formula 1 Alboreto).

E allora ecco 3 film simbolo che andrebbero salvati dalla gogna critica e popolare

SAPORE DI MARE

«Questo biglietto vale per tutte le lettere che non ti ho mai scritto. A proposito, sei sempre più bella. Luca»

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La chiosa finale di un Jerry Calà invecchiato conclude il film in una delle scene cult degna delle migliori commedie del passato. Jerry Calà e Christian De Sica sono due fratelli in vacanza in Versilia, negli anni  ’60. Il solito gruppo di amici, la solita spiaggia, i soliti scherzi al bagnino si mescolano ai nuovi amori che nascono e a quelli che finiscono. L’atmosfera romantica e scanzonata di un tempo che non tornerà più, di cui già il regista aveva nostalgia, dona a questo film un gusto agrodolce che permette una visione sempre piacevole. 

IL PRANZO DELLA DOMENICA

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Uno dei film più belli dei fratelli Vanzina, che ha l’aroma del più celebre Parenti Serpenti di Monicelli e dove le influenze del cinema di Steno sono più presenti che mai. Carlo ed Enrico riescono a trovare, però, una via tutta personale per raccontare un tema, quello della famiglia, già più volte affrontato. La vedova Franca Malorni (la Giovanna Ralli di C’eravamo tanto amati) si rompe il femore e le sue tre figlie devono accudirla. Con il dipanarsi della narrazione, la convivenza forzata e l’ingrato compito faranno emergere i problemi e i dissidi che si celano dietro la facciata della perfetta famiglia borghese. 

VACANZE DI NATALE

«La vera libidine è qui, amore: sole, whisky e sei in pole position»

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Versione invernale di Sapore di mare. Cortina si sostituisce a Forte dei Marmi e l’aggiunta della famiglia dei romani “cafoni” di Mario Brega e Claudio Amendola fa da contraltare alla Milano da bere di Guido Nicheli. Jerry Calà nei panni di Billo, musicista di piano bar, che canta Maracaibo è forse una delle scene più famose della commedia degli ultimi decenni.