Recovery Fund: ritardi e incertezze. Il ruolo dell’Italia

Polonia e Ungheria lunedì scorso hanno votato contro il provvedimento europeo che include il piano Next Generation EU, di cui è parte il Recovery Fund. Era richiesta l’unanimità.

Orban contro l’Ungheria

L’Ungheria figura tra gli importanti beneficiari di quel fondo, essendo destinataria di 7,5 miliardi di euro. Gli emissari di Orban, dunque, hanno votato contro il proprio paese. Il premier magiaro è l’ariete di una legislazione antidemocratica senza pari in Europa. Recentemente la sua maggioranza ha approvato una legge che scoraggia, fino a impedirla, la coalizione tra i partiti suoi oppositori.

Col voto di lunedì Orban prova ad alzare la posta per trattare sull’adeguamento della legislazione ungherese ai principi ispiratori delle democrazie liberali e dello stato di diritto, condizione necessaria per l’accesso ai fondi.

Nel 2022, però, gli ungheresi saranno chiamati al voto e sarebbe arduo per il Premier presentarsi agli elettori dopo aver pregiudicato il flusso di euro messo a disposizione da Bruxelles.
Orban, del resto, non potrebbe ignorare le pressioni tedesche. Importanti gruppi industriali operano nel paese, condizionando talora pesantemente le scelte legislative. La Merkel, insomma, ha i mezzi per indurre Orban a una resa onorevole.

Tempi lunghi e incertezze

Resta il fatto che questo intoppo, e non è il solo, rallenta il piano di interventi straordinari europei per rilanciare le economie asfissiate dalla pandemia.

Il bilancio europeo per sostenere il Recovery Fund prevede nuove risorse proprie (digital tax, carbon tax e tassa per le transazioni finanziarie) che devono passare per la ratifica di ciascuno dei 27 stati membri. Nessuno di essi vi ha ancora provveduto. Sul punto, poi, tutte da verificare sono le risposte dei parlamenti dei cosiddetti frugali (Olanda, Danimarca, Austria, Svezia, in primis).

Immaginare che le risorse del Recovery Fund inizino ad affluire nella primavera prossima è, insomma, irrealistico.

Intanto, l’andamento economico risente della nuova ondata autunnale dei contagi, azzoppando il recupero estivo.
Lo scenario è cupo. Secondo le previsioni della Commissione Europea, in media gli stati membri non riusciranno a recuperare i livelli di reddito ante pandemia nemmeno alla fine del 2022. L’Italia sarà il paese con divario negativo (reddito 2022 – reddito 2019) più elevato dopo la Spagna.

Dall’Italia dipende il successo del piano europeo

Con 200 milioni tra prestiti e fondo perduto, siamo i maggiori beneficiari del Next Generation EU. La qualità e l’efficacia delle azioni di governo impatteranno in misura decisiva sul successo del piano a livello continentale.
Per questo motivo il nostro paese è sotto osservazione e sotto pressione dei maggiori partner europei.
Va anche considerato che sull’Italia si radicano le principali diffidenze dei frugali. Un comportamento virtuoso non lascerebbe spazio ad alibi.

Allo stato il Governo non sta ancora offrendo una prova all’altezza della sfida.

Hanno fatto clamore, sul tema, le osservazioni e i pacati ma fermi rilievi contenuti in una pubblicazione universitaria del 15 novembre scorso, firmata da Marco Buti, Capo di Gabinetto del Commissario europeo agli affari economici, Paolo Gentiloni (PD), e dal suo collega alla Luiss, Marcello Messori.
Gli economisti lanciano un allarme sull’adeguatezza della legge di bilancio, pregiudicata delle troppo ottimistiche previsioni del MEF di ripresa del PIL.

La pubblicazione, ad avviso dei bene informati di Bruxelles, echeggia delle voci delle cancellerie europee. Per l’elaborazione e l’esecuzione dei progetti da finanziare attraverso il Recovery Fund, gli studiosi con forza suggeriscono la definizione di una cabina di regia accentrata, dotata di poteri decisionali ed esecutivi anche commissariali.

Buti e Messori, poi, in uno dei passaggi chiave della pubblicazione, rimarcano la necessità di «realizzare una cesura anche rispetto alla gestione dell’emergenza indotta dalla prima ondata pandemica» attraverso «un efficace utilizzo del RRF (Recovery and Resilience Facility, Recovery Fund, ndr) che attivi riforme e investimenti capaci di portare, nell’arco di pochi anni, a un rafforzamento strutturale del sistema economico tanto da collocarlo su un più robusto sentiero di crescita potenziale».

Coesione sociale e nuovi orizzonti politici

La cronaca della legge di bilancio non offre segnali incoraggianti. L’impianto approvato in Consiglio dei Ministri appare un insieme di misure slegate, elaborate in un esercizio di equilibrismo tra pressioni opposte e propagandistiche. Si va dalle assunzioni pubbliche al bonus sud sulle assunzioni, dagli scontrini telematici antievasione alle politiche per il lavoro femminile. Misure anche a volte condivisibili, che non affrontano, però, nodi strutturali e non si inseriscono in un alcuna visione di scenario.

Per affrontare la sfida della pandemia e quella ancor più grande della ripresa con il supporto europeo, occorre una solida coesione sociale e politica. Lo ribadisce a più riprese il documento del Capo di Gabinetto del Commissario europeo Gentiloni, lo ha affermato domenica scorsa Silvio Berlusconi in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ben accolta dal segretario PD, Zingaretti.

Sulla necessità di un nuovo paradigma sociale, politico ed economico sta maturando, par di capire, una nuova maggioranza di governo.