Virus age, gli uomini si scoprono stupidi, cattivi e ridicoli

Il gazzettino della virus age pullula di cronache delle infrazioni alle norme sul distanziamento sociale dal tono assurdo o paradossale. “Sole primaverile, centinaia di persone scoperte a passeggiare”. “Chiuse le strade e le piazze suscettibili di favorire gli assembramenti”. “Troppa gente in fila per fare pipì. Si valuta chiusura dei bagni pubblici nei centri commerciali, i giorni dispari”. “Le telecamere smascherano: scoperti a fumare in crocchio”. 

A proposito di un blitz dei carabinieri in un’enoteca di provincia, paradigma dei controlli del distanziamento sociale, si potrebbe articolare una discussione sulla libertà, sul confine tra libertà individuale e interesse collettivo.

Ma è più interessante cogliere i paradossi manifesti di una nazione che si difende suicidandosi. Raccontare l’umanità vigliacca che si promuove a polizia sanitaria (sorella stretta della polizia morale) e autoassolve, come il potere, con la scusa del contagio. Insomma, lo sguazzare dei peggiori istinti nello scolo della pandemia. Le assurdità dei controlli di norme improbabili. 


La delazione

L’uomo è vile, meschino, invidioso, probabilmente cattivo. Qualità in stand by, in attesa di uno switch per manifestarsi. L’arruolamento nelle milizie della lotta al contagio è l’alibi perfetto. Il ministro ha carezzato i bassi istinti. Ha elettrizzato, sollecitato, aizzato i poliziotti in pectore, i moralisti.
Così, parte la telefonata: sono assembrati. I maledetti del dopolavoro, i carbonari della bottiglia di vino, i laidi assetati di piacere. E il commerciante senza scrupoli. Che delinquenti. Andate subito, li prenderete in fragranza di vita. Accorrete, sono ancora tutti lì. Armati di bicchieri, kamikaze imbottiti di taralli. Multateli, chiudeteli, internateli, esponeteli. I delatori sono i più stupidi tra gli alleati dell’azione rivelatrice della natura: gli uomini se non cannibali, son iene.

La legge stupida e il senso di colpa

Leggi che pretenderebbero di salvare la pelle, contro la vita impongono un distanziamento di un metro tra le persone. È giusto. Un centimetro meno e il virus attacca, la legge punisce. È stupido. E poi, come si controlla la distanza? Siamo uomini o manichini? Come si misura la distanza tra esseri in movimento? Alt. Non muovetevi. Fermo immagine. Prendi il regolo perché il VAR ancora il ministero non ha i soldi per comprarlo. Nemmeno il regolo abbiamo, maresciallo. Facciamo a occhio. Lei, l’ho vista, era a novanta centimetri dalla signora. Irresponsabili. Eravate tutti troppo vicini, a occhio. 

Una divisa e lavoratori in ora d’aria al calar della sera, si sentono già colpevoli. Cercano squarci di vita, senza eccessi, ma gli hanno inculcato l’idea che nella virus age vivere sia illegale. Quindi tutti proni. Fermi. Contriti, intrisi di senso di colpa per non essersi limitati a vegetare.

Uomini e donne imbellettati, costretti al muro da un paio di lampeggianti. Attaccati all’intonaco sotto la pioggia, come rassegnati alla fucilazione. Schiacciati da un anno di messaggi intimidatori, suicidano la propria identità, la propria intelligenza, quel che resta dello spirito vitale.
Il virus esulta. Ancora, la natura sbeffeggia l’uomo che si credeva intelligente, dominante.

Il ridicolo

Un uomo va via tranquillo, senza paura (è colui che sta scrivendo questo articolo).  I militi sono pietrificati, disorientati. L’unica loro forza innanzi all’innocenza della vita che vive è la paura di chi ha paura. Non lo fermano. Poi ci pensano, non accettano lo sgarro della quiete che non trema. Lo fanno rintracciare dagli impauriti. La paura fa cantare. I cantati diventano cantanti. I denunciati, denuncianti.

In fondo sono tutti oramai convinti che la vita sia eversione. Dunque, quel fuggiasco, fuggito camminando piano, deve essere un tipo d’indole sovversiva. Il più delinquente.

Una donna, intanto, è allarmata dal lampeggiante blu. Scappa come Shoshanna all’arrivo di Hans Landa. Scappa in bagno, lascia il proprio uomo al suo destino. Si salvi chi può. Resiste tre ore nel cesso. Fuori a pochi centimetri uomini in divisa, poco convinti, identificano, relazionano, sanzionano, raccomandano. Poco convinti, ma in fondo contenti di giocare sulla paura. 

L’eroina del cesso evita il verbale. È un successo? Fossi il virus me la riderei per aver indotto all’autoreclusione in latrina la donnina ben curata.   
Su un verbale si annota, senza tema del risibile, che l’uomo fuggito è tornato a richiesta. 

L’esercente

Un lavoratore, un bottegaio a lavoro per mandare avanti la famiglia. Assiste per un paio d’ore alla redazione di verbali. Il sangue che gli tribola, lo stomaco in subbuglio. Quale sorte gli toccherà per aver venduto fucili, bombe, lanciarazzi? No, non era questa la merce. Era vino. Ha venduto bottiglie di vino. Non si può. Si può, ma a distanza.
I regoli, dovete usare i regoli quando entrano i clienti. Ma pioveva, strapioveva, arcipioveva, Qualcuno è entrato. 50, 100, 200, 300, 500 persone. No, erano 13.
Bottegaio lei meriterebbe l’impiccagione. Siamo buoni, però. Anche noi abbiamo paura e i figli a casa. E poi il serpente sovversivo si è costituito. Signor bottegaio vegeti per 5 giorni e paghi domani 280 euro di multa. Se li rifarà alla prossima apertura.
Avete ragione, sono indegno. Vi ringrazio.

La parata

Colonie di virus in sfilata per la parata finale. Uomini idioti.
The end. This is the end.