Klopp, Kop e la coincidenza di Yellow Submarine

Mister Klopp porta la Kop sull’Olimpo. È il nuovo Zeus di Anfield Road. I Reds fanno polpette degli avversari di Premier e sono campioni d’Inghilterra. I numeri suonano impressionanti: ventitre punti di vantaggio sulla seconda a sette giornate dalla fine, solo ventuno gol subiti contro i settanta (dicasi set – tan – ta) fatti nel corso di trentuno partite di cui ventotto vinte, due pareggiate e una persa. Il Liverpool vince il titolo a trent’anni esatti dall’ultimo scudetto.

Ciò che avviene nella città dei Beatles non ha mai alcunché di ordinario. Il Liverpool è una di quelle squadre che hanno l’epica nel DNA e come è noto l’epica è fatta di un sottofondo di veementi quanto innumerevoli battaglie perse, nessuna sconfitta, immense vittorie. La Kop, la curva di Anfield, e i suoi tifosi, The Kop, si chiamano così, del resto, per celebrare una clamorosa battaglia sudafricana, combattuta a Spion Kop, in cui perse la vita un bel mucchio di soldati dell’impero originari appunto di Liverpool. 

Gli acerrimi nemici della compagine calcistica della cittadina affacciata sul Mare d’Irlanda, albergano a una manciata di chilometri, meno di cento, a Manchester, per la precisione. Altra cittadina operaia dell’Inghilterra centrale.

Gary Neville, puledro indigeno della periferia larga di Manchester, ha galoppato, solcando la fascia dell’Old Trafford per qualche decennio. È un Red Devil inside. Non ha mai digerito bene gli avversari e i disertori. Si narra, e ve ne è testimonianza video, del suo aborrire nel tunnel dello stadio dal tentativo di saluto del suo ex commilitone e amico, il mitico portiere dello United Peter Bolesław Schmeichel. Sul finire di carriera il mastodontico danese lasciò i Red Devils, finendo dopo qualche stagione al City, l’altra sponda calcistica di Manchester. Oltraggio intollerabile per il tignoso terzino. 

Oggi Neville è autoironicamente alla macchia, esiliato per il successo storico dei rivali. A inizio della Premier aveva dichiarato: «se i Reds vincono il titolo mi toccherà espatriare in Papua Nuova Guinea».

Per un ex che parte, un ex ex-giocatore che torna. E torna nel Yellow Submarine, proprio quello dei Beatles di Liverpool nella settimana del suo successo calcistico. Il caso è davvero governato dai demoni. 

Bruno Soriano, è un centrocampista spagnolo infortunatosi gravemente tre anni fa. Non è giovane, ha trentasei anni ma una tempra da deo.

L’altro giorno, il ventitre giugno, è tornato in campo dopo 1128 giorni di assenza da gare ufficiali. È rientrato nel Villareal, di cui è recordman di presenze (418). Il team è anche detto Yellow Submarine per una strana vicenda di un tanto d’anni fa quando, per la promozione in terza serie, i tifosi della squadra dalla veste giallo canarino intonarono il ritornello della pop song degli scarafaggi di Livepool. E da quel giorno il Villareal fu il Yellow Submarine. 

In giro per l’Europa, insomma, belle storie per animare il tifo pedatorio rinsecchito dalla noia della Serie A, dove mezze squadre non riescono in alcun modo a contrastare il tre quarti di squadra che è la Juventus. Che barba. 

A la prochaine!