Il coprifuoco tra incendi, roghi e focolai
La parola “coprifuoco”, dal francese couvre-feu, nasce da una pratica in uso durante il Medioevo che aveva lo scopo di prevenire gli incendi. Addormentarsi con il lume acceso poteva creare all’epoca problemi più gravi di un aumento in bolletta. La cenere doveva quindi coprire il fuoco allo scoccare di una certa ora notturna e il momento era annunciato con un suono di strumenti o campane.
Il ritorno in Europa del coprifuoco, che in epoca elettrificata sta per “divieto straordinario di uscire durante le ore serali e notturne per motivi di ordine pubblico”, ha creato inevitabilmente, per paradosso, disordini da Parigi a Napoli, passando per Roma: è evidente che questa misura porti con sé la preoccupazione di una seconda battuta d’arresto per l’economia dei Paesi interessati.
Bisogna risalire al 1943 per ritrovare questa imposizione entro i confini nazionali, prima che le misure dell’attuale stato di emergenza la ripristinassero. In quell’anno, in seguito alla caduta del regime fascista, Pietro Badoglio proibì la libera circolazione delle persone durante le ore notturne per 45 giorni. Dal 1943 in poi il coprifuoco in Italia è rimasto un ricordo di tempi che furono, se non uno scenario da ritrovare nelle grande opere letterarie di utopia negativa. Come nel Racconto dell’ancella di Margaret Atwood (1985), da cui è tratta l’omonima serie con protagonista un’eccezionale Elizabeth Moss e in cui si narra l’esistenza di questa mostruosa teocrazia “partoriente”, la Repubblica di Gilead – nata dalle ceneri degli Stati Uniti d’America -, nella quale le poche donne fertili rimaste diventato mere funzionarie della specie o ancelle riproduttrici, segregate nelle case dei Comandanti. Per loro il coprifuoco vige addirittura all’interno dei confini domestici, in un’esistenza in cui per le ancelle tutto è proibito, a cominciare della lettura. Non esattamente la meta ideale per le prossime vacanze…
Per quanto riguarda l’Unione Europea, invece, l’ultimo coprifuoco risale al 2005 ed è legato alle rivolte nelle banlieue francesi, nate in seguito alla morte di due adolescenti che persero la vita per sottrarsi a un controllo di polizia.
L’esperienza collettiva della pandemia ha chiarito a numerose generazioni occidentali il modo in cui tanti elementi, considerati lontani nello spazio e nel tempo e/o improbabili, possano invece riguardarci da vicino: lockdown, coprifuoco, supermercati presi d’assalto, stato d’emergenza, ecc.
Sicuramente altri avvenimenti verificatisi su scala mondiale – crisi economica, riscaldamento globale, terrorismo – ci avevano già dato contezza di un mondo in cui il futuro e il progresso potevano non essere più destinati a coincidere. Oggi però l’impressione di abitare un mondo nuovo, con le sue nuove regole e le sue nuove abitudini è sicuramente maggiore.
Vi è già capitato di trasalire davanti alla totale noncuranza del distanziamento in un film o in una trasmissione televisiva precedenti alla pandemia?
Viviamo in un momento storico nel quale i racconti distopici, anche detti di anticipazione, si palesano in tutta la loro plausibilità, risultando certamente meno lontani. Ma non è tutto, i vecchi racconti infatti ne alimentano di nuovi, come nella tanto apprezzata formula della “dittatura sanitaria”, il potere dei tecnocrati con camice bianco atti a governare armati di bisturi e impeccabile sadismo.
Resterebbe però da capire, nell’Europa liberista del 2020, a quale potere gioverebbe un popolo che non consuma, non compra, non vende, non aiuta la libera circolazione delle merci, non si sposta, non investe, ecc...
Il coprifuoco, in sostanza, porta sicuramente con sé un carico emotivo forte e il suo impatto sulla popolazione può difficilmente dirsi positivo. Che sia attuato per prevenire un incendio, un rogo di cassonetti o un focolaio, sarà certamente il banco di prova fondamentale per l’attuale gestione politica della pandemia.