Al coronavirus non piacciono i barconi e i ravioli al vapore
“Mentre tutti guardava poveracci che arriva su barcone e camerieri di ristorante cinese, virus viaggiava comodo in prima classe con manager lombardo”. E’ il beffardo tweet della pagina tributo-parodia di Vujadln Boskov, il compianto allenatore dello scudetto della Sampdoria del 1991, reso celebre dalle sue frasi a effetto, tra il cinico e il semplicistico, che ancora oggi ci fanno sorridere e riflettere. Non è una fake il tweet del profilo-parodia di zio Vuja. Risale al 21 febbraio 2020, proprio quando l’Italia, dopo una valanga di bufale sui migranti-untori e dopo aver isolato buona parte delle attività commerciali gestite dai cinesi, ha conosciuto il Covid-19 da vicino e ha smesso di pensare che ravioli al vapore e involtini primavera siano polpette avvelenate e che i cuochi cinesi siano in grado di cucinare serpenti morsi da pipistrelli e non polli alle mandorle.
Tra karma, dantesca legge del contrappasso e supercazzole monicelliane, ecco che gli italiani si sono trovati, dopo un bienno a emarginare “poveraccio che arriva su barcone”, a stare dall’altra parte della barricata e a sentirsi untori d’Europa. Una condizione fastidiosa e disarmante che dal piccolo borgo lombardo di Codogno si è insinuata in tutti gli angoli del Bel Paese modificando usi e consuetudini, bloccando scuole, tribunali, cultura, sport e centri di aggregazione nel tentativo di non compromettere del tutto il sistema sanitario pubblico, già in precedenza vessato dalla spending rewiev (altro contrappasso) e dal personale medico sottodimensionato. Dicevamo del karma, appunto, perché oggi l’efficiente sistema sanitario lombardo è costretto a fare i salti mortali per resistere, motivo per cui il padanissimo governo regionale ha strizzato l’occhio alle Ong italiane che si sono dette pronte a dare una mano per fronteggiare l’emergenza: proprio le stesse Ong messe alla gogna dal precedente Governo giallo-verde e rese illegali dall’allora Ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
In un periodo in cui il coronavirus è diventato una vera ossessione planetaria, occorre fare ordine e chiarezza avendo come data spartiacque proprio quella del 21 febbraio 2020.
La speculazione politica cavalcata ad arte in Italia dall’ex Ministro dell’Interno con delega al citofono, Matteo Salvini, iniziò da subito, quando lo spauracchio Covid-19 era ancora confinato in Cina. Occorreva soffiare subito sul fuoco ed ecco che la prima fake fu dedicata ai migranti: “L’Africa è ad alto rischio per la diffusione del coronavirus – sostenne con un tweet sul suo profilo ufficiale – quindi il problema potrebbe arrivare anche da chi sbarca clandestinamente in Italia…come reagirà il governo dei porti aperti?”. Secondo “Libero Quotidiano”, sempre per restare in tema di sciacalli e speculatori politici, “dall’Africa potrebbero arrivare grossi pericoli per il nostro Paese. La ragione è semplice: la comunità cinese nel continente nero è enorme, così come sono molti gli immigrati che dall’Africa arrivano in Italia su barchini e barconi”.
Basta un post del “Capitano” e apriti cielo. Sui social ecco che ripartì la “caccia all’immigrato”, stavolta potenziata dal coronavirus. Una bufala “made in Italy”, come tante altre, che velocemente hanno viaggiato e si sono propagate in rete: lunedì 3 febbraio ne intercettammo tre, tutte confezionate con una bella fetta di “like” e condivisioni. La più clamorosa parlò di 27 casi di coronavirus all’Umberto I di Roma. La fake usò Whatsapp con la voce di una sedicente infermiera del Policlinico romano, prontamente smentita dalla Direzione Sanitaria dell’ospedale. Le altre due bufale puntarono su Arezzo e Cecina, nel livornese: anche qui pronta smentita della Usl (unità sanitaria locale) Toscana Sud Est con tanto di ramanzina: “Chi diffonde notizie del genere non verificate dall’Ufficio Stampa dell’Azienda stessa può essere denunciato per procurato allarme”.
Prima del “caso-Codogno” gli italiani dovevano difendersi da fake legate alla Cina e ai cinesi: a queste, poi, se ne sono aggiunte altre nuove di zecca, quindi val la pena smontarle per bene. Può essere utile sapere, infatti, che le persone che ricevono pacchi dalla Cina non sono a rischio di contrarre il coronavirus: potete scartare il vostro regalo o il vostro elettrodomestico in piena tranquillità, non vi contagerà, al massimo non funzionerà bene ma questa è un’altra storia. Stessa cosa vale per gli animali domestici: il vostro cane o il gatto randagio del quartiere sono al sicuro, non vi porteranno il virus in casa, al massimo un topolino di campagna. La notizia di cani decapitati in Asia è assolutamente falsa e se avete visto qui https://www.cdc.gov/niosh/npptl/pdfs/FacialHairWmask11282017-508.pdf che radersi la barba combatte il Covid-19, ci dispiace ma fate solo la fortuna del vostro barbiere di fiducia: si tratta di uno studio del 2017 del Cdc destinato “ai lavoratori che indossano respiratori per protezione”. Un’altra fake ricorrente sui social è quella legata al vaccino contro la polmonite o contro l’influenza: ci dispiace davvero tanto, ma non sono capaci di contrastare il coronavirus. Evitate di intasare di chiamate il telefono del vostro medico di base. Non servirà, ve lo farete solo nemico e non vi risponderà più quando avrete reale bisogno. Ci sono poi interi post su Facebook che promettono miracolosi prodigi dei colluttori contro il coronavirus: bufala anche questa! La famiglia Boccasana non vi salverà. E allora quella del mangiare l’aglio? Faaaaaake! L’aglio ha tante proprietà, come sostenevano i nostri nonni, ma in questo caso può far poco. Idem per gli antibiotici: ad oggi ancora non esiste un rimedio garantito per il virus, quindi inutile contare su improbabili post. Dagli Stati Uniti, poi, sono sbarcate in Italia due fake-news davvero ben congegnate: “Bere molta acqua o bere diossido di cloro evita il contagio”. Un sorso in più di acqua lo si raccomanda sempre ma non vi aiuterà contro il Covid-19. Se, invece, vi salta in testa di buttare giù il diossido di cloro, il vostro problema raddoppia perché produce nausea, vomito, diarrea e sintomi di grave disidratazione: a sostenerlo è la FDA (Food and Drug administration), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti farmaceutici e alimentari.
Un discorso a parte lo merita la mascherina. L’Oms ha più volte ribadito che le maschere dovrebbero essere indossate da coloro che mostrano sintomi di tosse e difficoltà respiratorie, in modo da non diffondere la malattia ad altri. Non ci sono prove che le maschere proteggano le persone che non sono malate.
In questo mondo di bufale ha tenuto banco per settimane quella lanciata in orbita da siti di estrema destra che garantiscono sull’associazione tra migranti che arrivano in Italia via mare dall’Africa con il coronavirus. E’ il caso di Vox (https://voxnews.info/2020/01/27/virus-cina-e-arrivato-in-africa-gia-50mila-infetti-in-citta-cinese/), che parla di 50mila infettati in una sedicente “città cinese in Africa”. Risultato? Oltre 2mila condivisioni al fuorviante articolo e la solita collezione di commenti razzisti (“Devono morire come i topi” uno dei più casti).
Per chiarire: tutti i casi di coronavirus hanno avuto legami con la città di Wuhan. I migranti sbarcati in Italia, invece, partono dal Nord Africa (Libia in primis, ma anche Egitto, Algeria e in parte scarsissima dalla Tunisia) oppure scelgono la rotta Turchia-Grecia-Albania.
Archiviata la componente africana e assodato che non c’è nesso con il coronavirus, concentriamoci ora sui migranti provenienti da paesi asiatici: secondo i dati del Ministero dell’Interno le persone provenienti dall’Asia giunte in Italia via mare sono meno di 200, prevalentemente di nazionalità bengalese. Nessuna di loro risulta affetta da coronavirus. Specifichiamo: data la tempistica del viaggio, sarebbe stato impossibile per i migranti contrarre l’infezione “a casa loro” e arrivare, malati e untori, in Italia.
Il virus, dunque, poteva arrivare in Italia solo da persone giunte in aereo: così è accaduto alla coppia di turisti cinesi, ora guariti, ricoverati allo Spallanzani di Roma, così è accaduto al “manager lombardo” che, da un piccolo borgo, ha scatenato l’espandersi del focolaio.
Le fake news, mai come in questo frangente, servono a poco e non fanno neanche ridere. Siamo davanti a una situazione seria e delicata. Molto spesso non si diffondono solo ignoranza o bugia ma, nella maggior parte dei casi, si diffondono odio e discriminazione.
Per concludere, così Franco Londei su “Rights Reporter”: “diffondere odio attraverso l’individuazione di un untore è tipico dei nazisti e stati certi che questa fake news sul Coronavirus diventerà ben presto virale. È la loro specialità”.