Sette tappe campane del racconto breve

Qualcuno, certamente più informato del sottoscritto, afferma che è un buon momento per i libri di racconti. Lo sento ripetere più o meno dalla vittoria del Premio Nobel di Alice Munro, quindi dal 2013 suppergiù. Io, che amo la narrativa in forma breve forse più di quella in forma lunga, provo a essere più concreto, consapevole che all’interno della già non folta popolazione dei lettori, quella che ama la short-story rappresenta una ulteriore minoranza. Il ragionamento si intreccia a quello sulle case editrici, notoriamente restie nel pubblicare raccolte di racconti.

Così il primo excursus per Sonar provo a dedicarlo ai racconti brevi e ai libri degni di menzione pubblicati dagli editori campani, terra dalla quale provengo e alla quale sono naturalmente legato a doppio filo. Tenterò di compiere un breve viaggio tra le uscite che reputo meritevoli di attenzione, con l’obiettivo di stimolare la vostra curiosità e (magari) la voglia di recarvi alla più vicina libreria.

Partiamo dalle antologie.

“Vocabolario minimo delle parole inventate” della Wojtek Edizioni di Pomigliano D’Arco è una raccolta curata da Luca Marinelli in cui le migliori penne della lit-web (la scena italiana delle riviste letterarie del web; magari sulla lit-web ci torneremo in qualche altra occasione) si cimentano con racconti brevi ispirati da parole inventate, una per ogni lettera dell’alfabeto. Senza voler entrare nel merito dei singoli racconti (troppi gli amici presenti e troppa la codardia da parte mia per sbilanciarmi sulle preferenze), sottolineo l’eterogeneità degli stili e l’alto tasso di creatività che impreziosisce la raccolta.

“Déjà vu. Altre storie, altro presente” della napoletana Alessandro Polidoro Editore è l’altra antologia che dovreste procurarvi. Anche in questo caso i conflitti di interesse sono troppi, ma sappiate che si tratta di un esperimento di retelling, cioè ogni storia è ispirata a un grande classico della letteratura, riscritto per l’occasione e reinterpretato con molta inventiva. Realizzato in collaborazione con la rivista culturale Grado Zero, l’antologia offre motivi di interesse sia per gli amanti della narrativa moderna, sia per coloro i quali hanno sempre un orecchio proteso al passato più glorioso.

Passando agli autori in solitaria, inizio col segnalare “L’uccellaccio di Kafka” di Attilio Del Giudice, uscito per i tipi di Caffèorchidea (Eboli). In questi cinquanta racconti, l’autore casertano (già pubblicato da minimum fax e Gaffi) ha modo di tratteggiare molti degli aspetti della vita umana, dal realismo del quotidiano alle fughe oniriche del fantastico, in storie che, in alcuni casi, occupano lo spazio di qualche capoverso, e lo fa sempre con la limpida competenza del maestro.

“La quinta stagione e altri racconti” di Angelo Salvione è da poco pubblicato dalle Edizioni 2000diciassette di Telese Terme. Era ora che l’autore sannita si decidesse ad uscire allo scoperto, dopo anni di militanza sotterranea come ghost writer o con pseudonimi ingannevoli. Da bravo scrittore qual è, evitando trucchi da quattro soldi, per parafrasare Carver, riesce a narrare per sottrazione di personaggi credibili nonché non ordinari. E non è certo cosa da poco.

Con “Brutto vizio morire” di Nicolò Giannelli ci spostiamo al confine, perché la Roundmidnight è una coraggiosa realtà editoriale indipendente, un po’ irpina e un po’ molisana. La raccolta in questione, recentemente ristampata, è un bell’esempio del talento dell’autore modenese, purtroppo scomparso qualche anno fa. I sei racconti allineati nelle sue pagine contengono tracce di dipendenze, vizi e droghe, puntellate da una lingua curata ed efficace.

“Le giocatrici” di Marilena Lucente, uscito qualche anno fa per la casertana Edizioni Spartaco, di racconti ne contiene solo tre, ma posseggono tutti il minimo comun denominatore del vizio del gioco (carte, slot machine, bingo) per un’umanità allo sbando, priva di prospettive concrete. Con i toni della tragedia, ma anche con i ritmi del thriller, l’autrice di origini pugliesi tratteggia tre storie di ordinaria dipendenza e una schiera di personaggi colmi di debolezze.

Chiudiamo con “Viscere” di Amelia Gray, portato in Italia dalla partenopea Pidgin, casa editrice coraggiosa specializzata in narrativa straniera tutt’altro che banale. La scrittrice americana, già sceneggiatrice di serie tv come Maniac e Mr. Robot, utilizza l’arma affilata del surreale e del black humour per raccontarci storie conturbanti e cervellotiche, figlie del nostro tempo e dei nostri disturbi, in una collezione moderna e audacemente scomoda.

Sette uscite per sette raccolte di racconti che sapranno stupirvi, se solo darete loro modo di stabilire una connessione con voi.