Quarant’anni di quarantena culturale

Per me che sono nato e cresciuto nella zona tibiale della penisola italiana, il ribaltamento della prospettiva è frequentazione quotidiana, ed è prettamente una questione di istinto di sopravvivenza. Sono abituato ai Carnevali in cui si rivoltano cielo e terra e si ribaltano paradiso e inferno, e ho imparato anche a nuotare con disinvoltura in questo mare dove si demanda il sociale e si delega la responsabilità civile. Addirittura, oggi faccio surf su onde di rifiuti tossici, tra cargo di disinteresse e traghetti di povertà, protetto da scogli di discariche a cielo aperto. 

È per attitudine e facoltà che tendo al capovolgimento, e sistematicamente, è ciò che ho fatto anche questa volta mentre raccoglievo degli asparagi nel boschetto sopra casa mia.

Sia chiaro, queste poche righe non sono una danza disinteressata sulla situazione tragica che stiamo vivendo, ma nemmeno risultano allegre e briose come l’invasione dei karaoke al balcone. Qui v’è solo un tentativo di ribaltamento della questione, ovvero: il numero di persone positive al coronavirus nel Sannio è estremamente basso, perché?

Sicuramente una buona percentuale di questo trend (che speriamo continui a essere positivo) è frutto del buon senso dei cittadini, mentre la parte percentuale restante potrebbe essere il risultato di decenni di “ottime” scelte politiche, economiche, sociali e amministrative.
E allora Ringraziare voglio il divino e la classe dirigente che ci ha condotti fin qui, in questo punto della Storia umana in cui Benevento recita la parte di una delle province meno contagiate d’Italia.

La geniale strategia messa in atto in questi decenni ci ha fatto raggiungere risultati incredibili, infatti ad oggi il Sannio ha un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale, con un processo di spopolamento che viaggia a ritmi serrati, con migliaia di persone che ogni anno si trasferiscono altrove. Mancano investimenti nel settore culturale e in quello turistico, quasi si assiste a un rifiuto dell’innovazione tecnologica, e una visione nepotistica e clientelare di bassa lega (ultimamente soprattutto) domina quasi incontrastata. Inoltre, una viabilità degna dello Stelvio e l’imprevedibilità dei trasporti sia su rotaie che su strada ci rendono una delle province più Jazz della nazione, eufemisticamente parlando.

È un Sannio che si sta impoverendo, chiuso in se stesso, che pulsa sempre meno di vita e vitalità. E tra forti raffiche di stento e l’arretratezza generale, questo è un territorio in cui anche per il SARS-CoV-2 è complicato arrivare. La nostra è una quarantena culturale e infrastrutturale che tiene botta da più di 40 anni ormai.

E dunque paradossalmente, capovolgendo il tutto, se volessimo misurare la vitalità della nostra provincia basandoci sul numero di contagi, i dati ci indicherebbero una zona simile a “Sulmona tra cent’anni”, il posto che Glauco, personaggio di BORIS – LA FUORI SERIE ITALIANA, individua come location per “il sequel di Ammalati e morti”, o la Londra deserta e devastata che Cillian Murphy (il Tommy Shelby di Peaky Blinders), in “28 giorni dopo”, attraversa chiedendo aiuto. 

Probabilmente non è il momento giusto per scrivere queste poche righe o forse arrivo puntuale (il fatto è che essendo abituato alle criticità della “Valle Caudina” non volevo correre il rischio di arrivare in ritardo), ma ciò che è certo, è che da questo “coma” ne usciremo presto e torneremo al migliore dei mondi possibili.


Queste righe non sono che un ribaltamento arbitrario della prospettiva, ça va sans dire.