La sottile differenza tra salute e salvezza

C’è una fronda, tra i quarantenati, che si ostina stupidamente a riflettere sulla sottile differenza che passa tra salute e salvezza. Appartengo alla fronda. In tempi normali, si parlerebbe di differenza tra vivere ed esistere, e tra essere sani ed essere liberi, tra esseri viventi ed esseri pensanti. In tempi eccezionali, come questi, si valuta questo tipo di riflessione come esercizio filosofico o sofistico o retorico o ‘astrattamente politico’ (sic). L’obiezione è inoppugnabile, nella sua semplicità e nella sua evidenza: che me ne faccio della libertà, del pensiero, se rischio di morire, o di procurare la morte? Preferisco continuare a vivere, anche rinunciando. Poi, si vedrà. Riassumo così, in modo molto sbrigativo, la maggior parte delle obiezioni alla mia nota sulla Quarantena eterna, che ho ricevuto in pubblico o in privato. Al netto delle imprecisioni che ho scritto, e che amici medici ed ingegneri mi hanno fatto notare, e me ne scuso.

É inoppugnabile, ribadisco, come obiezione. E anche molto ottimistica, in fondo, perché parla di un ‘poi’. Appare impensabile, infatti, che non ci sia un poi. Il poi è la speranza, ma la speranza non ha evidenze scientifiche. Banalmente, sono a casa anche io, in attesa del poi. Siamo tutti in attesa di questo poi. Disposti a sopportare il quando, ma anche il come sarà, questo poi. Ma c’è un’emergenza, e l’emergenza è qui e ora, mi fanno notare. L’emergenza è testarda. Quindi dobbiamo collaborare. Giusto. Ma non vi permetto di farci sentire in colpa, almeno questo. Ho l’impressione di un equivoco: che l’esito di tutto dipenda da noi. Questo ci fa diventare giudici e alla men peggio delatori dei comportamenti altrui. Noi possiamo essere l’aggravante, non la causa.

Se siamo la causa, allora non rinnego quella che ho definito appunto quarantena eterna, visto che (come pare) è la mancanza di senso civico la causa di tutto. Non avremo mai più emergenze sanitarie, smog, e neanche code alle poste o ai supermercati. Ma se non è così, se così non è possibile, allora c’è un problema. É un po’ come dare la colpa ai cattivi comportamenti dei condomini se crolla un palazzo. Un palazzo costruito male, prima o poi, crollerà, anche con condomini virtuosi.

Metafora a parte, non entro nel merito delle scelte (a dire il vero, dei decreti) del Governo. Non ho gli strumenti per farlo. Ho cercato di comprendere il senso della scelta sorprendente del Regno Unito, in termini di strategia nella ‘lotta al virus’, ritenendola una scelta politica legittima; ripeto, non giusta o sbagliata (questo lo deciderà l’esito) ma legittima. Pare ci sia un ripensamento, che probabilmente è più una messa a punto più precisa della strategia, da molti intesa come una macellazione darwiniana, un ‘non fare niente’, cosa questa sì impensabile, anche per un personaggio discutibile come BoJo. Poi costui deciderà se essere governo che governa la volontà popolare o essere esecutivo che esegue la volontà popolare. Vedremo anche questa scelta.

Ma torno alla sottile differenza tra salute e salvezza. In questi giorni, sto rileggendo il Dialogo della salute, di Carlo Michelstaedter, il filosofo sul quale ho scritto la mia tesi di laurea, in filosofia morale. Nel dialogo, Carlo (giovanissimo) si interroga sul significato di salute e di salvezza, e si interroga sul senso della scelta tra salute e salvezza. Una scelta estrema, ovviamente, cui può essere chiamato l’uomo. L’uomo che sceglie è il persuaso, è colui che è consapevole del significato vero della propria umanità, del suo limite che è anche il suo orizzonte, della sua tragicità che è anche la sua bellezza.

Lui così conclude. Siamo a Gorizia, nel 1910.

Egli [il persuaso] guarda in faccia la morte e dà vita ai cadaveri che lo attorniano. E la sua fermezza è una via vertiginosa agli altri che sono nella corrente, e l’oscurità per lui si fende in una scia luminosa. Questo è il lampo che rompe la nebbia. E la morte, come la vita, di fronte a lui è senz’armi, che non chiede la vita e non teme la morte: ma con le parole della nebbia – vita morte, più e meno, prima e dopo, non puoi parlare di lui che nel punto della salute consistendo ha vissuto la bella morte.

É una chiosa devastante, senza scampo, di una profondità non umana. Sono vent’anni, da quando la lessi per la prima volta, che ci medito. Nell’ipotesi più remota e terribile, dovremo decidere.

In questo momento, la mia salute pare custodita in casa, spero. La mia salvezza, in questo momento, è continuare a riflettere, a cercare di capire, a scrivere.

Il dialogo lo trovate online qui:
https://core.ac.uk/download/pdf/53160968.pdf [inizia a pagina 133]