Il giorno in cui Woland arrivò in città

Nell’anno 13 d.E., anno 2033 d.C., il Commissario incaricato Woland arrivò in città, in una tiepida giornata di fine marzo.

Era diretto verso il Palazzo del Governo, con a fianco il fido Azazello e l’enorme Gatto, risalendo il Corso transennato. C’erano poche persone in giro, in mascherina e guanti, la maggior parte delle quali con una grossa P gialla sul petto, quelli censiti come i Positivi. Pure i bambini avevano una P, ma era piccola e impressa sulla manica destra della tuta bianca. Si poteva procedere solo in linea retta, gli uni davanti agli altri, senza scostarsi dalla traiettoria rossa segnata sul selciato, lungo un cordone ben definito.

A scortare il Commissario Woland e i suoi c’erano Andrea e Francesco, rispettivamente comandante in capo e vicecomandante della Sicurezza della Salute Cittadina. Nell’anno 1, tutte le forze di polizia, di ogni ordine e grado, erano state dichiarate decadute per decreto, e al loro posto si era passati al reclutamento degli Asintomatici, che avevano mostrato forte tempra durante l’Epidemia e maggiori capacità di adattamento e di infiltrazione. Quando era successo, Andrea lavorava come consulente informatico, e aveva deciso di arruolarsi, per una questione di soldi: era stato uno dei primi dichiarati Asintomatici, e questo primato gli aveva garantito una rapida scalata ai gradi superiori, fino al grado, appunto, di comandante in capo della sicurezza nella sua città. Ora era un benestante, tutto sommato.

Giunto a Palazzo, il piccolo corteo attraversò un ampio androne, salì alcune rampe di scale anguste e arrivò dinanzi alla sala del Consiglio: l’Assemblea cittadina degli Immuni era già tutta riunita, e il Presidente cittadino degli Immuni accolse Woland sull’attenti e con un ampio sorriso. Gli tese la mano (salutare con la mano era segno di alto prestigio, riservato solo agli Immuni), ma Woland non contraccambiò, limitandosi a passare oltre e a squadrare gli altri membri del Consiglio, uno per uno. Poi si accomodò al posto che gli era stato assegnato, di fronte al Presidente, e Azazello e il Gatto si misero alle sue spalle. Azazello aveva un modo di fare scanzonato, ma non irrispettoso, mentre il Gatto continuava a lisciarsi i baffi, stando alla perfezione in piedi su due zampe. Poi si sporse leggermente, e spiegò una mappa, una mappa che cavò fuori dal nulla, davanti a Woland.

– Vi inoltro le ultime disposizioni del Governo Centrale degli Immuni. La città va chiusa. Informò Woland, rivolgendosi all’Assemblea.

Nella sala si sollevò un brusìo sconnesso e i Consiglieri si scambiarono occhiate smarrite.

– Cominceremo da qui, chiuderemo qui e qui. Impediremo la comunicazione tra la parte alta e la parte bassa della città.

– … della città, gli fece eco il Gatto, che intanto tracciava grosse croci sulla mappa, in corrispondenza dei luoghi nei quali intervenire.

– Com’è la situazione degli abitanti? chiese Woland. Azazello cacciò un risolino e fece una capriola lì sul posto, tutto eccitato.

– Secondo l’ultimo censimento… – azzardò un Consigliere, con un leggero tremolio nella voce, consultando nervosamente le carte – secondo l’ultimo censimento siamo in 20mila… 10 mila positivi con patologie quasi nulle o molto lievi, 1100 con patologie gravi, 200 con gravissime. Abbiamo reclutato 8700 Asintomatici, che occupano posti nella polizia, nella manifattura e nel terziario, e mille Immuni, nei posti di amministrazione e di comando politico, noi compresi.

– Come state procedendo con i decessi? chiese Azazello, e fece un’altra piroetta.

– Singole urne o fosse comuni, si affrettò a precisare il Presidente degli Immuni, con una voce impettita che voleva dimostrare di essere stato ligio alle disposizioni del Governo.

– Molto bene, disse Woland.

– Bene, gli fece eco il Gatto.

– Occorre blindare il confine e procedere al trasferimento di tutti gli Immuni verso Roma. La città va chiusa, e staccate ogni respiratore o macchinario inutile.

– Che vuol dire, inutile, Signore? chiese Andrea, al di là della mascherina d’obbligo per la polizia. Solo appena dopo aver parlato, si accorse dell’insubordinazione che aveva commesso. Agli Asintomatici non era concessa parola in pubblica Assemblea, almeno dall’anno ottavo dopo l’Epidemia.

Woland si girò verso di lui e lo fissò con molta attenzione. Anche Azazello e il Gatto si girarono verso di lui, incuriositi. Verso Andrea si voltò incredula tutta l’Assemblea.

Il Presidente stava per scusarsi per l’irrispettosità del sottoposto, quando Woland richiamò a sé l’attenzione di tutti, battendo con un colpo secco sul tavolo.

– Medici, Ingegneri, Agricoltori, Allevatori, Operai specializzati. Tutto il resto è inutile. Procedete secondo la filiera di contagio, come vi è stato comunicato nell’ordinanza. Estraete a sorte 500 tra gli Asintomatici e fate una certificazione dettagliata per gli Immuni. Il resto li lasceremo qui. La città va chiusa, ribadì Woland.

Poi guardò di nuovo Andrea.

– Come si chiama, soldato? Chiese Woland

– Come ti chiami? Miagolò il grosso Gatto, annusando l’aria.

– Andrea, Signore…

Ma Woland non ascoltò neanche la risposta. Si alzò, ripiegò la mappa, la porse al Gatto, che la ripose nel nulla da dove l’aveva presa, e scostò la sedia. Si avviò all’uscita, a seguirlo Azazello e il Gatto. Quindi, sulla porta, si girò verso l’Assemblea e battette sui tacchi.

– Signori, grazie per la vostra collaborazione a nome del Governo degli Immuni. Vi auguro Lunga Salute.

– Lunga Salute al Commissario Woland, rispose all’unisono l’Assemblea, alzandosi e battendo sui tacchi.

Poi Woland si rivolse al Presidente cittadino degli Immuni e fece un cenno nella direzione di Andrea.

– Voi fate togliere i gradi a quell’uomo di buon cuore, e fatelo sedare e intubare domani all’alba.

– All’alba, ripetette il Gatto.