Vittorio Feltri, giornalista di razza

Vittorio Feltri è un giornalista di razza. Ha abilità insuperabili.

È tifoso atalantino, essendo bergamasco, ma più coerentemente dovrebbe essere juventino, incarnando in ambito giornalistico, per certi versi, l’analogo della Juventus nel calcio. 

Vince sempre. La sua carriera è costellata di successi, è stato chiamato più volte a invertire la picchiata delle vendite di diverse testate e ci è sempre riuscito: l’Europeo, il Giornale, l’Indipendente, Libero. A ciascuna di queste imprese hanno corrisposto, proprio come nel caso delle vittorie juventine, accanite polemiche per episodi controversi. Si va da un falso scoop sul rapimento di Aldo Moro, a una linea editoriale crudamente giustizialista durante il periodo di Mani Pulite, ai successivi violenti attacchi a Di Pietro (costatigli alcune decine di querele e una aspersione di cenere sul proprio capo), per giungere alla pubblicazione di raccapriccianti immagini di bambini ricavate da un sito pornografico. Ma, è risaputo, Feltri vince sempre. Anche quando lo hanno radiato dall’ordine dei giornalisti (2000), ha vinto. In ritardo, ma ha vinto, ritornando in elenco.

Feltri vince sempre, per questo i suoi avversari scantonano in acerrime polemiche, piuttosto che mantenere un’algida e sprezzante indifferenza. Feltri vince sempre perché sa scrivere, come la Juventus sa giocare. Molti di quelli che gli si agitano contro, come la gran parte degli avversari dei bianconeri, no. Feltri è un giornalista di razza e sa cogliere i sentimenti, le opinioni, il maroso che agita l’opinione pubblica. L’inghippo è che sceglie deliberatamente il mare torbido per sguazzarci dentro, mal celandosi dietro lo sdrucito velo dell’irriverenza.

È di brutta razza il giornalismo di Feltri.

Prendete le polemiche degli ultimi giorni seguite al suo editoriale “Senza fretta ma il nord se ne andrà” apparso il 19 aprile su Libero e le successive dichiarazioni pronunciate in TV. Il pezzo incriminato è un capolavoro di architettura sintattica. Feltri dosa benissimo le parole, le frasi, i soggetti, i riferimenti, lo spazio fisico e logico tra i periodi. Considerato a se stante, non si può dire contenga passaggi razzisti o discriminatori verso i meridionali. Anche l’incriminata chiusura “noi senza di voi campiamo alla grande, voi senza di noi andate a ramengo. Datevi una regolata o farete una brutta fine, per altro meritata” non è sintatticamente riferita ai meridionali ma agli “spreconi che amministrano lo stato” e a imprecisati “manutengoli ingordi“. Tra gli uni e gli altro, però, spicca la “dittatura romanfoggiana“. Per come è costruito, insomma, l’equivoco è dietro l’angolo.

Feltri, ad ogni modo, ha vinto ancora, almeno per tre volte con lo stesso articolo. La prima perché il pezzo è ben scritto, la seconda perché ha sollevato la caciara desiderata, la terza perché l’autore ha potuto facilmente smentire il contenuto razzista addebitatogli rifacendosi, appunto, alla sintassi.

Feltri ha vinto anche quando ha detto in TV che i meridionali sono inferiori. Appariva una radice nazi-razzista nella dichiarazione e invece lui, dopo aver scatenato l’inferno voluto e atteso il giusto tempo, ha spiegato su Twitter di essersi riferito ai redditi pro-capite, i quali effettivamente vedono i meridionali in posizione di sensibile inferiorità rispetto ai residenti nelle regioni del nord.

Non si può negare, e veniamo al punto cruciale, che sfrontatamente (altro che irriverenza) Feltri al razzismo alluda. Agli stereotipi antimeridionali della peggior risma squallidamente lisci il pelo. Corre la penna sulla lama della sintassi con destrezza, stridendo fino a puzzare di bruciato e di fatto a bruciare non già nobili quanto futili buoni sentimenti, ma la radice stessa della convivenza civile nazionale e del giornalismo libero (dai bassi istinti dei lettori). Dopo l’abile forma, è labile la precisazione.

A corrispettivo della reazione di emotiva indignazione dei meridionali, è facile immaginare stia quella opposta ed esaltata dei polentoni tutti quote latte e inni al Vesuvio.
Un giornalista di razza (brutta) come Feltri non ignora che la propria cosiddetta irriverenza venda copie a lettori agitati da un sentimento verso i meridionali affatto LIBERO. Feltri sa che le sue parole sono carburante LIBERO per la fiamma della discriminazione. E del resto, se così non fosse, se Feltri cioè ignorasse questa conseguenza dei propri editoriali, sarebbe davvero un antimeridionale e farebbe bene ad ammetterlo.

Ma Feltri è intelligente e abile e vince sempre. Vince con le carezze a chi meriterebbe sganascioni. 

È la vittoria dell’indecenza.