La melodia eterna di Donizetti

Momento culmine della Lucia di Lammermoor, il sestetto “Chi mi frena in tal momento?”.

Sestetto! Tra le differenze più marcate tra canto lirico/classico e musica pop moderna ci sono la dinamica (dal silenzio al forte/pieno orchestrale/corale contro la normalizzazione acustica delle canzoni pop) e l’utilizzo della voce quale vero e proprio strumento musicale, quindi capace di polifonia, con più voci, come in questo caso, a formare un ensemble, esattamente come ottoni, legni, ecc… Nella canzone pop la voce non è suono pulito, pura emissione gestita, per cui è intellegibile soltanto a monodia, semmai in doppia voce, quasi sempre sulla terza o poco più (nel mondo pop/rock il caso di maggior raffinatezza è quello di Simon&Garfunkel).

Molti, si vuole credere, conoscono il libretto dell’opera, di Salvadore Cammarano, musicato dal grande Gaetano Donizetti (come lo chiamerebbe il collega Scannagatti), ma vale la pena ricordare che è la storia di una famiglia usurpatrice e di vari intrecci sentimentali, sui quali si trova a navigare l’amore di Edgardo e Lucia. Si fanno una promessa eterna, si scambiano anelli, poi lui parte per un viaggio.

Qui, nella scena “chi mi frena in tal momento”, siamo al suo ritorno, mentre trova Lucia che promette le sue nozze ad altro uomo (tutto ordito dal fratello di lei che le ha fatto credere l’amato già datosi ad altra donna).
Quella vecchia promessa diviene un anatema, è il tragico che entra in scena, ritenuta qualcosa per cui il cielo stesso volge a tempesta.

L’azione si ferma, tocca all’Atto.

Donizetti, che ne era capace, fa della musica il sublime: nulla può andare oltre, il canto è quello della melodia, intessuta da ben sei voci diverse più il coro. L’universo dei fatti è sospeso, tocca alla manifestazione musicale.

Tutto questo è incoraggiato dal testo: ognuno canta la propria amletica immobilità, l’inazione, l’impossibilità a compiere qualsiasi gesto.

Enrico (il fratello di Lucia): “Chi raffrena il mio furore?…”
Edgardo: “Chi mi frena in tal momento?”
Lucia, dagli altri vista “tra morte e vita”: “Ma la morte non m’aita…vivo ancor per mio tormento!” “Vorrei pianger, ma non posso… Ah, mi manca il pianto ancor!”
Gli altri: “Più formar non so parole!”

Tutto è ammutolito, è voce, è suono, è reiterazione di significanti che svaniscono, è il Ciel che apre un varco e tutto ferma. Il potere della melodia che porta ogni cosa altrove.
Un momento eterno, al pari della promessa.

“T’amo, ingrata, t’amo ancor!”