Il lato oscuro del Recovery Fund

Idiota sovranista, così Renato Brunetta bolla chi non è del tutto favorevole agli interventi predisposti dalla Commissione Europea. Bollerebbe, dunque, così anche me per le obiezioni che qui solleverò.

Per cominciare, la proposta della Commissione non è operativa. Perché lo possa essere mancano ancora due passaggi, l’approvazione da parte del Parlamento europeo e quella del Consiglio europeo.

C’è poi un interrogativo non da poco: quali saranno le modalità di finanziamento? Sembra che il cosiddetto contributo “a fondo perduto” sia finanziato col prossimo bilancio pluriennale della UE. Ciò significa che la maggior parte della nostra quota la pagheremo noi stessi con l’aumento della contribuzione al bilancio UE.

Nonostante queste pesanti riserve, l’opinione pubblica pare essere favorevolmente colpita dai mezzi di informazione che, senza ritegno alcuno, propagandano i circa 172miliardi come un grazioso regalo dell’Europa. Al riguardo, va segnalato che anche Berlusconi è del tutto favorevole. Anzi, rilascia dichiarazioni per spingere addirittura l’adozione del MES. 

Si tratta della solita campagna di disinformazione, per non parlare di meschina speculazione, che comincia dalla rubrica del provvedimento. La denominazione “Recovery fund” è infatti adottata per far credere che sia un successo del Governo Conte. Si tratta, invece, del “Next Generation EU”.

Nulla è ancora stabilito e deciso, pertanto, da “idiota sovranista”, ritengo fondamentale porre queste osservazioni, correndo il rischio di essere ritenuto leghista, a dispetto della mia idiosincrasia per quel movimento politico.

Per quanto concerne i numeri, esiste solo una simulazione effettuata dalla Commissione in base alla quale all’Italia spetterebbero 153 miliardi. Ma di questi, al netto delle restituzioni sotto forma di rate di prestito e di contributi al nuovo bilancio europeo, rimarrebbero solo 56,7 miliardi, pari al 3,2 del Pil italiano, da spalmare in quattro anni, cioè dal 2021 al 2024. 

In definitiva, avremmo a disposizione addirittura 14,2 miliardi all’anno. Al riguardo, faccio notare che detto importo è circa pari a quello dei BTP Italia sottoscritti dai risparmiatori italiani nell’asta terminata il 20 maggio scorso (il totale è stato di 22,3 miliardi). Non ci sono, dunque, salti di gioia da fare, bensì andrebbe aumentato il numero di simili aste per collocare quanti più titoli possibili tra noi italiani. Basti pensare che nel 2018 il peso dei titoli di Stato nel portafoglio dei cittadini italiani è sceso al 6%, dal 57% del 1988.

Considerato, poi, l’atteggiamento dei cosiddetti “4 frugali” (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia), che potremmo anche chiamare “la banda dei quattro”, si potrebbe ironizzare su quanto si legge nella Comunicazione della Commissione al Parlamento “Europe’s moment: Repair and Prepare for the Next Generation”, cioè che il tutto è destinato alla prossima generazione. Da parte di Olanda e Austria, infatti, già si pongono paletti e quindi è possibile presumere che i tempi delle trattative saranno lunghi e i risultati incerti. In ogni caso, di soldi in cassa non se ne vedrebbero prima del 2021.

Naturalmente, ancorché “idiota sovranista”, non mi sfugge che già aver avanzato il progetto, da parte della von der Leyen, non solo è un notevolissimo passo in avanti, in quanto per la prima volta la Commissione andrebbe sul mercato per piazzare titoli per un debito comune, ma sarebbe addirittura un evento storico se approvato senza sostanziali modifiche. È da rimarcare altresì che dal medesimo prospetto da cui sono tratti i dati riferiti all’Italia, si rileva che la Germania non riceverebbe nulla e sarebbe contributrice netta con ben 133,3 miliardi. Solo la Spagna ci supererebbe con una cifra netta di 82,2 miliardi.

Nondimeno, rimaniamo sempre ancorati ai medesimi parametri, in quanto permangono le consuete condizionalità del semestre europeo, che sarà a guida, guarda caso, della Germania.

Al riguardo, va osservato che, se da un lato è sicuramente giusto e condivisibile il fatto che i fondi abbiano specifiche finalità e che le erogazioni siano effettuate dopo aver dimostrato il conseguimento dei risultati attesi, come dichiarato dal Vice Presidente Dombrovskis, dall’altro, non è condivisibile l’imposizione di qualsivoglia tipologia di riforme.

Sono del tutto ingiustificati, quindi, gli esagerati trionfalismi, e sono vere e proprie sciocchezze le affermazioni di taluni politici su ipotetiche diminuzioni delle tasse. 

Infine, e su questo ritengo abbia ragione Brunetta, c’è da nutrire forti dubbi sulle nostre capacità di preparare un piano organico, di spendere con criterio e di rendicontare nei tempi stabiliti, come previsto appunto dalla proposta della von der Leyen.

Per concludere, la vera rivoluzione, questa sì copernicana, sarebbe quella di modificare le regole di bilancio dell’UE, che sono troppo rigide e impongono la riduzione del debito anche quando le economie non solo sono deboli, ma addirittura in recessione (a proposito, l’Italia è già in recessione tecnica). 

Proprio ora sarebbe il momento di riformarle e l’obiettivo dovrebbe essere quello di stabilizzare i livelli del debito una volta terminata la pandemia, abbandonando l’obiettivo del 60% e lasciando che la crescita riduca il debito nel tempo.

Auguri!