Guardare un film con Roger Odin

Recentemente, Roger Odin, professore emerito di studi sui media all’Università di Parigi, nonché pioniere dell’approccio semiopragmatico all’interno del suo ambito di ricerca, ha dichiarato che “con il videofonino è giunta l’era del linguaggio cinematografico. Questo non cambia la natura del cinema ma il suo statuto.”

Ma cosa significa davvero guardare un film?

Tra le tante possibili risposte, quella dell’insigne studioso francese è una delle più affascinanti. L’esperienza cinematografica, sostiene Odin, è caratterizzata dal fatto che un film non possiede di per sé un senso. Sono l’emittente e il ricettore, attraverso una serie di azioni, a costruirgliene uno. Tra autore e spettatore non c’è una vera comunicazione, ma entrambi, se ricorreranno alle stesse procedure, faranno dire al film la stessa cosa. 

Per poter godere di un film noi abbiamo la necessità di diegetizzare, ovvero di mettere in atto delle operazioni che permettano la costruzione mentale del mondo filmico. La prima di queste è la figurativizzazione, ovvero il considerare ciò che vediamo come la rappresentazione degli elementi di un mondo coerente, che decideremo di accettare come reale. Altra operazione fondamentale a cui saremo chiamati sarà quella di eclissare il supporto, ovvero di far sparire lo schermo dinanzi ai nostri occhi. Odin, inoltre, ci mette in guardia sul fatto che la diegesi non può essere confusa con la storia. Essa fissa solo le modalità del manifestarsi di questa. 

“Se abbiamo la sensazione di guardare uno spazio in cui potremmo avere il nostro posto, allora stiamo diegetizzando”. Bisogna pensare, dunque, a ciò che vediamo come a qualcosa di “abitabile” da uno o più personaggi.  Fatto questo, possiamo finalmente connettere il nostro desiderio di spettatori al desiderio operante nella storia raccontata. Il film sembra essere quindi un oggetto che invoca una propria identità, e il nostro ruolo di spettatori appare come decisivo. Noi possiamo non solo decidere se partecipare o meno a un film, ma siamo, per certi versi, co-autori di ciò che vediamo. Noi promuoveremo al rango di opera filmica ciò che stiamo guardando solo dal momento in cui cominceremo a lavorare su di esso. 

Ciò che appare come una rivelazione interessante, e a tratti sconvolgente, nel pensiero di Odin, è la tesi secondo cui non può esserci alcuna diegetizzazione che noi non vogliamo. 

In altre parole, un film ci piace soprattutto se vogliamo che ci piaccia.