6 e 9 agosto 1945: Hiroshima, Nagasaki e l’uragano atomico
C’è una civiltà dall’altra parte del mondo, quella giapponese, in cui il primo romanzo in lingua volgare fa la sua comparsa nel XI secolo. Nei nostri libri di scuola la storia del Giappone latita, irrompendo all’improvviso quando si parla della Seconda Guerra Mondiale. Le vittime giapponesi, di conseguenza, a un lettore d’Occidente, tendono ad assumere le sembianze di meri numeri: 100.000, 200.000, che differenza fa?
“Era un male necessario”, “ha accelerato la fine della guerra”, “ci sarebbero state molte più perdite”.
Ora, provate a dare un volto solo a una di queste vittime. Farà tutta la differenza del mondo. Non erano soldati. Erano principalmente civili e non furono risparmiati bambini o anziani.
Il 6 e il 9 agosto del 1945, le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki subirono gli unici due bombardamenti atomici della storia. In virtù della lontananza geografica da questo Paese non abbiamo molta familiarità con l’entità dei danni causati dal disastro nucleare, o con le date di questo evento disumano.
Tra gli eventi che influenzarono la decisione del presidente degli Stati Uniti Truman, si suppone che l’edizione mattutina dell’Asahi Shinbun del 28 Luglio 1945 abbia avuto un ruolo determinante. Il governo giapponese mantenne il riserbo in merito alla sottoscrizione degli accordi di Postdam (sui termini della resa) e la testata utilizzò il termine Mokusatsu – costituito dai caratteri di “silenzio” e “uccidere” – per descrivere tale atteggiamento. Lo stesso giorno, il premier Suzuki si servì della stessa parola per asserire che non intendeva rilasciare dichiarazioni: “no comment”. Fu interpretata, di fatto, come una risposta negativa.
È stato spesso detto che gli americani non fossero a conoscenza della potenza distruttiva degli ordigni atomici. In realtà, un primo “giocattolino” chiamato The Gadget era già stato testato il 16 luglio 1945 con il progetto Trinity. La città di Hiroshima servì a valutare gli effetti dell’arma nucleare su edifici e persone. A dimostrare all’Unione Sovietica che gli americani non scherzavano. Nagasaki fu scelta per caso. Il vero obiettivo era la città di Kokura, ma le condizioni atmosferiche non erano favorevoli, i piloti erano stanchi e si decise di deviare. Come se si stesse giocando una partita a battaglia navale o a Risiko.
Oltre alle vittime morte sul colpo, disintegrate, carbonizzate, impresse in un flash come l’ombra di Hiroshima, tantissimi bambini rimasero orfani, alcuni persero la vista, l’iride, le pupille.
Il 6 e il 9 agosto 1945 non devono essere ricordati come i giorni in cui è stato commesso “un errore”. La bomba atomica non fu “ un male necessario”.
Con l’articolo 9 della nuova Costituzione giapponese, gli americani hanno formalmente impedito ai giapponesi di possedere un esercito. Tra il 1951 e il 1954 hanno implementato alcune clausole, per far fronte alla minaccia comunista. Solo dal 2014 i giapponesi possono contare sulle “Forze di autodifesa” per proteggere attivamente se stessi, ma molti cittadini si sono opposti. La “Costituzione di Pace” è ormai parte della loro identità di Stato.
Ricordare (fino in fondo) quei tragici eventi per quello che effettivamente furono è indispensabile affinché un simile atto disumano non si ripeta mai più, in nessun angolo del mondo.