Non è bello ciò che piace

In questi ultimi giorni, Armine Harutyunyan, modella di origini armene che Gucci avrebbe annoverato tra le cento donne più sexy del mondo, sta diventando un vero e proprio caso mediatico in virtù del suo aspetto atipico. Con tanto di degenerazioni social a fare da cornice.

 Il 29 agosto 2020, Libero Quotidiano dedicava ad Armine un articolo intitolato Armine Harutyunyan, ‘la top model più brutta del mondo’ travolta dalla polemica, rivendicando il proprio “diritto di critica”.

È assurdo che tutti costoro, per aver osato esprimere un’opinione estetica, vengano bollati come «sessisti», «misogini», fautori del «body shaming» o «razzisti», essendo la modella in questione un’armena […]. Vorremmo ricordare agli illiberali, che pretendono di imporre una visione unica della realtà anche quando essa fa a pugni con l’evidenza, il buon senso e il senso comune, che il parere di natura estetica, se non offensivo, è sempre lecito, che sia rivolto a maschi, femmine, animali, monumenti, opere d’arte.

Leggendo i commenti a questo stesso articolo, si notano insulti pesanti e sessisti che vanno da “secondo me è trans” a “è una cessa in******bile”. Altrove, è stata più simpaticamente paragonata a un levriero.

Ecco, per capire come mai “non è bello ciò che piace”, pensate al famoso spot dell’ iPhone11 Pro con protagonista un vero levriero afgano che, in posa, risulta non solo bellissimo ma persino sensuale. Un buon fotografo e la luce giusta esaltano le caratteristiche di qualunque modello.

Sempre secondo Libero, Gucci avrebbe scelto Armine per sconvolgere il comune cittadino con una provocazione e obbedire ai canoni del politically correct, ma potrebbero esserci diverse altre ragioni, meno maliziose, di cui la testata giornalistica non ha tenuto conto.

Da qualche anno, le case di moda e le aziende pubblicitarie sembrano aver finalmente capito che, anche chi non ha il naso all’insù, la taglia 38 o le sopracciglia disegnate, si veste e cura il proprio aspetto come chi possiede quelle caratteristiche.

Se Armine è stata criticata per il suo naso, la modella greca Sophia Hadjipanteli è stata attaccata per le sue sopracciglia, mentre l’indossatrice plus size Robyn Lawley è stata contestata per le sue curve. Tuttavia, queste modelle risultano interessanti proprio perché sfoggiano con un certo orgoglio i propri “difetti”.

In un mondo dove la bellezza è omologata e i belli sembrano somigliarsi, donne con tratti meno allineati attirano l’attenzione e fanno riflettere sul concetto stesso di fascino, stabilendo nuovi canoni.

Un meraviglioso esempio di questa tendenza è lo spot lanciato da Colgate nel 2019, che mostra un modello con la vitiligine e l’eterocromia, una modella in età avanzata e una che ha persino dello spazio tra i denti: un difetto che è quasi un tabù nella pubblicità di un dentifricio.

Eppure tutti teniamo alla nostra dentatura, a prescindere dall’età, dal colore della pelle e dal fatto che siano dritti o meno. Lo spazio tra i denti è una caratteristica molto comune, ma chi ce l’ha spesso se ne vergogna.

Pubblicità come questa non vendono perché sono “politically correct”, ma perché rispondono a un’ esigenza condivisa, che nel caso di Colgate è sfoggiare un bel sorriso, qualunque bocca si abbia.

Variare i modelli in televisione e sulle riviste aiuta a percepire la diversità come un valore aggiunto, che espande la percezione del bello, rappresentando un più ampio ventaglio di caratteristiche etniche o somatiche, senza escludere nessuno.

A causa dei canoni della moda convenzionale molte ragazze “normali” percepiscono se stesse come “brutte”. Tutti conosciamo almeno una donna che non può privarsi di ciglia finte e fondotinta senza sentirsi a disagio. Questo perché, anche grazie a Photoshop e Instagram, vediamo tanta perfezione costruita e ci convinciamo che un aspetto naturale risulti trasandato.

Pochi mesi fa fu vittima di tale pregiudizio la giornalista Giovanna Botteri, colpevole, per i detrattori, di avere un look naturale e un abbigliamento sobrio, conformi, di fatto, alla sua personalità e ai suoi gusti. 

Tantissime donne asiatiche si sottopongono a interventi di blefaroplastica. Perché gli occhi a mandorla, prima considerati affascinanti, sono improvvisamente diventati “brutti” in quanto “non alla moda”. Lo stesso vale per la pelle scura: dal Sud America all’estremo oriente, hanno iniziato a diffondersi prodotti per schiarire la pelle.

Se Armine Harutyunyan oggi non piace è perché il suo è un volto a cui la moda e la TV non ci hanno ancora abituati, ma che tra vent’anni potrebbe aiutare tantissime donne con caratteristiche simili ad accettarsi e persino a sentirsi “belle”.

La vera “provocazione” fatta solo per “far parlare di sé”, sembra essere proprio il titolo dell’articolo di Libero, che, definendo apertamente Armine come “La top model più brutta del mondo”, difende il diritto di offendere dei cyberbulli.

.