Gassman e Proietti improvvisano sul set americano di Altman

Sul set di A wedding (Un matrimonio)

Subito dopo Tre donne, Robert Altman, riflettendo, pare, su una battuta fatta ad un’intervistatrice, da brillo, secondo la quale si sarebbe ormai dato alle riprese matrimoniali, decide di realizzare un nuovo film corale, al pari di Nashville, in cui analizzare la società americana contemporanea.

Gruppi di persone si intrecciano in vario modo, fino allo scontro tra le famiglie dei due sposi, che, ispirate da quelle materna e paterna di Altman, di diversa estrazione sociale, una di lungo lignaggio alto- borghese, l’altra arricchita da poco, si scontrano drammaticamente.

Se il confronto e gli intrecci tra i personaggi sono ben ispirati al teatro americano del tempo, anche e specialmente, con le avanguardie, nell’autonomia della performance fisica, la libertà di parola concessa dal regista trova terreno estremamente fertile in attori provenienti dalla tradizione italiana.

Le riprese avvengono nei pressi del grande lago Michigan, con grande lavoro sul set, dove il regista americano gestisce ogni minimo aspetto scenografico, di ambiente, di movimento macchina e di sonoro, mentre la sceneggiatura è minima. Solo al mattino viene consegnato un breve appunto di cosa si dovrà svolgere sulla scena, mentre gran parte dei dialoghi e dei gesti resta appannaggio degli attori.

Altman e gli attori italiani

Il regista dell'”America profonda” è particolarmente legato all’Italia, sia per il retaggio degli anni in cui quello italiano è stato il cinema contraltare e partner di quello americano, sia per una sua personale passione alla scena tricolore (famoso sarà nel 1994, in Prêt-à-Porter, l’omaggio a Ieri, oggi e domani, di Vittorio De Sica, con la replica della scena dello spogliarello, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni invecchiati, il secondo non riuscendo a vincere la letargia).
Così, anche se le sue origini materne sono irlandesi, Altman decide di far provenire parte delle storie di A Wedding da un passato italiano.

Se Vittorio Gassman è attore di fama mondiale, per quanto riguarda Gigi Proietti queste sono le sue parole riguardanti il primo incontro col regista:

Il nostro incontro fu curioso. Nel 1977, di passaggio in Italia, volle seguire un turno di doppiaggio di Tre donne. Era maniacale sui temi del sonoro, forse temeva che le voci italiane snaturassero l’impasto. Chiacchierando – io facevo il direttore del doppiaggio – azzardai: mi sembra un film sognato. Lui annuì. Era proprio così.

Poco dopo mi propose un ruolo nel suo film “Un matrimonio” in cui facevo il fratello minore di Gassman che arriva dall’Italia e parla solo italiano. Vederlo lavorare fu una cosa impressionante, era una persona di grandissima forza e personalità, autorevole e mai autoritario.

Gassman e Proietti sul lago Michigan

Il personaggio di Vittorio Gassman, tale Luigi Corelli, è tra quelli più importanti e per questo motivo il nostro vola sul set una ventina di giorni prima di Gigi Proietti.

Nel plot, i suoi rapporti con la famiglia italiana sono vietati espressamente, in virtù di un contratto. Buona parte della recitazione è in americano, cosa che non ha mai fatto alcuna paura al mattatore genovese. Solo nella seconda parte del film, perso di valore quel patto intransigente, potrà essere contento di rivedere un suo parente, precisamente suo fratello Dino Corelli, interpretato da Proietti.

Gassman e Proietti sul set di A Wedding (Un matrimonio) del 1978 di R. Altman

Allo stesso modo, l’attore Proietti raggiunge Gassman che ha già tre settimane di esperienza sul set e lascia che sia lui, suo idolo attoriale, a guidarlo. Gli chiede anche di come si trova sulle sponde di un lago che è grande quanto un oceano. La risposta di Gassman è un «Vedrai! Te ne accorgerai!» dal tono tragico.

La monotonia del paesaggio e l’inesistenza di qualsiasi sorta di dislivello oltre il livello del lago, risulta troppo deprimente per il Vittorio nazionale, costretto a portare Proietti, la sera, su una grande giostra, pregando il macchinista di lasciarli fermi in alto, per poter sollevare lo sguardo almeno per qualche minuto al giorno.

Potrebbe sembrare un comportamento provinciale, ma ha precise motivazioni: la prima è la voglia di vita, che in Italia, storicamente, artisticamente e teatralmente è sempre stata connaturata dal dinamismo, dall’alto e il basso, e di cui era assetato Vittorio Gassman, da doverla amplificare, disperdere e distrarre con il gioco; la seconda è nella differenza antropologica tra italiani e americani di allora. Quel che oggi a qualcuno potrebbe sembrare “provincialismo” è lì, in realtà, la stessa identità che rende universale e grande un italiano di valore.

L’improvvisazione

Arriva il giorno della scena del ricongiungimento tra Luigi e Dino Corelli e Proietti, vistosi recapitare qualcosa meno di un canovaccio, chiede a Gassman “che facciamo?” per sentirsi rispondere “ma che te frega!

Il grande mattatore è un enorme professionista del set e del teatro. Fa sputare sangue e sudore alla sua compagnia e ai suoi allievi, ma se gli si dà l’occasione di andar sopra le righe e gigionegiare non se la lascia scappare.

L’attorialità è la sua vita, ma per lui la vita non è da prendere troppo sul serio, anzi va sbeffeggiata. Questo, in realtà, nasconde il suo profondo buco nero, il suo terribile mal di vivere. Il gioco lascia lo spazio allo scherzo. Proietti non ha questo tormento maligno, ma viene e va verso lo stesso mondo teatrale, di cui l’altro è il massimo rappresentante e suo ideale, e non può che corrispondere alla sua improvvisazione.

Tutto questo è ben visibile nei secondi della scena. Bisogna tener conto che parte dei termini in italiano viene tradotta con dei sottotitoli, altra no: gli americani della troupe ridono ma nemmeno capiscono tutte le battute e i sottintesi che Gassman sfoga, anche contro di loro, nelle sue apparizioni.

Allora, dopo una iniziale incazzatura per l’arrivo del fratello, Luigi Corelli, rassicurato della liceità dell’incontro, cambia completamente atteggiamento per trasformarsi in un parente in giubilo, addirittura esaltato. Gassman farcisce tutto con una comunicazione personale verso l’altro attore italiano e ad un certo punto lo sorprende con una domanda: «come sta Adelina?»
Al che Proietti, certo non volendo rispondere con un banale bene o qualcosa di simile, svelto rimanda con un «è incinta!»
Gassman, allora va in crescendo, con la greve considerazione «è incinta… – la replica, oltre al dato realistico del fratello sorpreso dalla notizia, serve a prendere un secondo di tempo, senza restare in silenzio, per inventare il seguito – State sempre a scopa’!» sottolineato anche da un plateale gesto della mano.

Tutto questo sottolinea la diversità e la conterraneità sia dei personaggi che degli attori. Alla fine Gassman stringe al suo fianco Proietti e lo trascina via invitandolo ad intonare i suoi stornelli romani.

Sono pochi secondi, di cui l’attore da poco scomparso ci ha raccontato tutto, meno avvezzo alle improvvisazioni che i vecchi leoni del teatro italiano, proveniente dalla commedia dell’arte, avevano trasportato, con ironia divertita, nella nascente commedia all’italiana.

E, dopo tante parole, eccoli qui: