Babilonia in Serie A

Fuori dal campo

Trigoria è una babilonia.
L’aplomb fighetto, tipico delle dirigenze dei top club di Serie A, va in frantumi nel centro sportivo della Roma. Il sesto cambio, contro il massimo regolamentare di 5, durante il match di Coppa Italia con lo Spezia ha fatto deflagrare il magma compresso negli abitini stretti di Fonseca & co.

I proprietari della società hanno rimosso il dirigente tecnico, Gianluca Gombar. I Friedkin, riaffermando lo schietto stile americano di gestione del business, che si esplica in cause ed effetti senza mammismi e sindacalismi, hanno rifiutato di reintegrare il team manager. Lo avevano richiesto, oibò, dagli scalcianti. Cagnara sui social e nello spogliatoio. Quasi ammutinamenti. La farfallina ci riferisce di toni inviperiti in due summit tra gli strapagati tatuati e il belloccio mister portoghese.
Insomma la crisi della Roma, schiacciata dalla Lazio e poi dallo Spezia stesso, è d’ambiente più che tecnica.

Una volta di più, e con maggior nitore, emerge la sostanza: gestire un club di football è abilità più prossima quella dei domatori che non a quella dei manager di società quotate. Più Colosseo che Wall Street. A dispetto degli abitini stretti stretti.

Sul campo

È un campionato altalenante.

Il Milan continua a guidarlo. Si ha la sensazione, tuttavia, che la leadership sia precaria. Più una successione favorevole di giri di vento (in poppa, 13 rigori a favore), che non una superiorità tattica e di scafo. Squadra e società sono sorretti dalla propulsione psicologica dei risultati più che da una forza intrinseca.
Pioli dà prova di sagacia e sfrutta bene questa inerzia. Il management pure. Così raddoppia il vecchiume dal carattere d’acciaio. A Ibra, icona imbiancata capace di far ombra a Cristiano Ronaldo, affianca Mandzukic, il centravanti generoso, possente, furioso. Per la mediana il modesto ma muscoloso Meité inietta altro acciaio. È un Milan Swarzenegger.

Dietro è tutto ballerino. L’Inter ha schiacciato la Juventus, come la Lazio aveva fatto la sera prima con la Roma. Ma sarà vera gloria? I meriti delle vincitrici, che hanno imbroccato i rispettivi migliori match stagionali, non bastano a coprire l’abisso dei demeriti delle due perdenti.

Della Roma s’è detto. Della Juve va detto che gioca con una mediana di imbarazzante vaghezza tecnica e tattica. Ronaldo, l’asse portante e determinante, quest’anno è appannato. Dopo il Covid non ha mai brillato.

Nessun altro team si fa strada con costanza di gioco e risultati. I nerazzurri di Bergamo parevano aver ripreso i ritmi forsennati delle scorse stagioni, quando, pluff, si son riaccomodati nel languore provinciale dell’altalena.

Oltre che a Trigoria una babilonia regna nella seconda metà della classifica. Tra insabbiamenti (Torino) e scivolamenti (Cagliari), la zona retrocessione si estende dai 12 ai 22 punti, dal Crotone al Benevento.

Coinvolta anche la Fiorentina. Commisso ha acquistato Kokorin che a dispetto delle sue imprese mi ricorda i Ciocorì. L’attaccante russo, però, è gran mescitore di Champagne, habitué di ballerine e gattabuie. Si prefigurano cronache frizzanti.

Match clou del turno Milan – Atalanta, Hellas Verona – Napoli, Genoa – Cagliari.