Critica della ragion critica

Cacciari e Agamben c’hanno messo in guardia sullo spirito dispotico che accompagna l’istituzione del green pass. Discrimina, dicono. Comporta conseguenze drammatiche per la vita democratica, aggiungono. Crea cittadini di serie B, temono.

Un appello di grande successo. Che ha prodotto un sostanziale allargamento della platea dei due filosofi. Con reazionari di granito, libertomani dell’era Covid, a istruirci sui ferri del mestiere di chi frequenta il pensiero critico. A sputacchiare frasette sulla biopolitica, confidenzialmente, come se parlassero di Dio, patria, famiglia o di altre creature mitologiche.

Costruire la cattiva coscienza del proprio tempo, avverte Nietzsche, dovrebbe rappresentare il vero compito del filosofo. Ma Nietzsche è figlio degli errori dell’Ottocento. Mentre i nostri pensatori, risparmiati da simili credenze, hanno potuto compiere, imperturbabili, il salto di qualità e dedicarsi alla coltivazione della cattiva incoscienza del nostro tempo. E mai si vide, garantiamo, tempo storico così incapace di fare i conti seriamente con se stesso, così avulso dal principio di realtà, così orgogliosamente incosciente, così a caccia di anticonformismi distratti, anche durante una pandemia.

Veniamo da anni sfibranti fatti di disoccupazione giovanile in aumento esponenziale, di retribuzione giovanile in diminuzione esponenziale. Fatti di morti sul lavoro. Fatti di pochezza politica e populismi d’avventura. Fatti di abbattimento sistematico dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nel Mezzogiorno. Veniamo da mesi fatti di chiusure, emergenze, angosce. Fatti di lutti. Di migliaia di persone finite all’altro mondo perché ammalatesi prima di potersi vaccinare (!). Di medici allo stremo. Di psicologie allo stremo. Di attività imprenditoriali fallite.

Ma per la cattiva incoscienza la tenuta democratica del “sistema Italia” potrebbe vacillare per il green pass. Un concetto, anzi un concettone, che per qualcuno rappresenta addirittura il fiore all’occhiello del pensiero che resiste, “la rinascita del pensiero critico”, l’ultimo avamposto riflessivo contro l’imperversare della dittatura sanitaria e delle annesse polarizzazioni facilone (pro-vax vs no-vax).

E il giochino del dibattito colto e del suo falso senso d’urgenza funziona, non c’è che dire. I custodi della democrazia e della biopolitica come brand identity sono implacabili nella loro superiorità di lettura degli eventi, nel loro alludere, incuranti delle pernacchie, a un’aria di famiglia tra totalitarismo e tutela dalla salute pubblica.

Gettano sospetti sull’efficacia del vaccino anti-Covid contro ogni evidenza scientifica, scodellano dati alla rinfusa, investono preziose risorse intellettuali nella salvaguardia degli scrocconi d’immunità a tempo determinato. Come degli uccellacci hegeliani, “sul far del tramonto”, che fiutano il puzzo di declino dei propri simili e ne spiegano le dinamiche.

Eppure, tacciono sull’orrore dell’obbligo vaccinale (con standard di sicurezza inferiori rispetto a quelli attuali) che permise in passato di eradicare il vaiolo e la poliomielite. Tacciono sull’orrore dei tanti intrugli obbligatori inflitti dal nostro sistema sanitario ai bambini: anti-difterica, anti-morbillo, anti-tetanica, eccetera (biopolitica in purezza, perdinci! Quanti green pass impliciti, perdinci! Dannato potere medico, perdinci!). Tacciono sull’esistenza del concetto di profilassi. Insomma, tacciono, d’abitudine, su tutto ciò che proprio non andrebbe taciuto.

Costoro lascerebbero la salute pubblica nelle mani delle conoscenze virologiche del singolo per amor di democrazia, per non cedere al pensiero dominante. Affiderebbero volentieri all’epidemiologia fatta in casa la vita di chi, malgrado la disponibilità del vaccino, non può difendersi dal SarsCov2 per problemi di immunodepressione. Tutto per evitare varie ed eventuali “conseguenze drammatiche”, tutto per la sacralità del dibattito colto dalla sapidità antiscientista.

Giorgia Meloni, invisa alla dittatura sanitaria ma in rapporti sereni con il fascismo per sua stessa ammissione, ringrazia e sale nei sondaggi: l’unica dittatura accettabile è quella classica; quella che scudiscia gli oppositori politici e che, tanto per dirne una, decurta lo stipendio delle donne del 50% per decreto legislativo (correva l’anno 1927).

Morale della favola: i 128mila italiani morti di Covid adorerebbero questa rinascita del pensiero critico.