Covid-19: la vaccinovigilanza e le promesse di Speranza
Il settimo rapporto sulla sorveglianza dei vaccini Covid-19 è disponibile da qualche settimana sul sito dell’AIFA. Il documento è sviluppato in maniera semplice e dettagliata e si basa essenzialmente sulla elaborazione delle segnalazioni spontanee distinte, nella fattispecie, in eventi avversi, reazioni avverse ed effetti indesiderati.
Viene posta molta enfasi sul tasso di segnalazione, che è il rapporto fra il numero di segnalazioni inserite nel sistema di farmacovigilanza in relazione al numero di dosi somministrate.
In effetti tale documento non va oltre una mera rappresentazione schematica dei dati raccolti e per come è stata strutturata la sorveglianza sui vaccini Covid-19 in Italia non si può ovviamente eseguire alcuna analisi riguardo l’incidenza degli eventi segnalati per persone sane con alcuni fattori di rischio. Si può certamente affermare che si tratta di una semplice sorveglianza sulla popolazione vaccinata, ma non di un monitoraggio proattivo sui singoli soggetti come accade negli studi clinici.
Lungi dal voler essere un compendio di epidemiologia, tale intervento vuole stimolare una riflessione sugli sforzi che AIFA sta facendo per rendere accessibili al grande pubblico gli studi di farmacovigilanza passiva che si basano evidentemente solo su segnalazioni spontanee delle reazioni avverse.
La farmacovigilanza è una disciplina ormai olistica che mira a stabilire il rapporto rischio/beneficio di un farmaco investigando a tutto campo le possibili e plausibili basi biologiche dei “segnali” riportati riguardo la sicurezza di un nuovo medicamente.
Va certamente sottolineato che la farmacovigilanza passiva si presta agilmente per concludere con rapidità una valutazione di eventuali problemi riguardo la sicurezza di un farmaco appena introdotto, tuttavia essa ha dei limiti che sono noti da anni, a cominciare dal numero reale delle segnalazioni, che è sempre sottostimato. In pratica, il tasso di segnalazione, che deriva da una semplice divisione, ha un numeratore che non è in effetti noto, o meglio, è noto il numero di segnalazioni registrate ma non si può purtroppo conoscere il vero numero di tutti gli eventi, compresi quelli spontaneamente non riportati.
Ovviamente non esiste soltanto la farmacovigilanza passiva e, come anticipato mesi fa da AIFA con un comunicato stampa e dal ministro Speranza alla Camera, si era sentito il bisogno di effettuare degli studi di vaccinovigilanza attiva sul territorio italiano. Intento apprezzabile tanto più che, come sottolineato varie volte, i vaccini Covid-19 sono farmaci biologici iniettati sulla popolazione sana.
Tuttavia, spigolando tra i siti istituzionali quali AIFA, Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità non si ha traccia di alcun studio di farmacovigilanza attiva. Una mia email ad AIFA in un primo momento interlocutoria con tanto di modalità nell’evasione della richiesta di chiarimento non ha avuto alcuna risposta dall’ufficio stampa. Sembrerebbe che quindi tali studi non siano stati effettuati.
Un vero peccato perché con un po’ di buona volontà si sarebbe potuto investigare più a fondo sulle reazioni avverse e fugare ogni dubbio su eventi contemporanei ma non collegati con l’iniezione del vaccino. Ci sarebbe stata la possibilità di poter conoscere meglio il numeratore, cioè il reale numero di “segnali” raccolti stavolta proattivamente anche con delle semplici telefonate da parte di medici preposti senza la pretesa di un sofisticato clinical trial. Contemporaneamente si sarebbe presentata anche l’occasione di conoscere meglio il denominatore di questo generico tasso di segnalazione, denominatore che invece nella sorveglianza passiva appare semplicemente come un conglomerato di cittadini iniettati, escludendo una adeguata ma semplice indagine sui fattori di rischio.
Per dirla tutta, nel rapporto di AIFA in fondo non si conosce affatto né il numeratore né il denominatore (composizione delle coorti) di questo indicatore (frazione percentuale) che ci fornisce appunto solo un semplice tasso di segnalazione.
Potrebbe essere un dato utile tuttalpiù per sondare la disponibilità degli italiani a segnalare spontaneamente degli eventi avversi per un nuovo farmaco rispetto ad altri cittadini europei ma certo è che il risultato del decesso di 2,4 persone al giorno tra i vaccinati da quando è iniziata la campagna di vaccinazione sorprende non poco come riportato anche dalla testata affaritaliani.it.
Un dato grezzo come questo costituisce un “segnale” di per sé sufficiente per creare un problema alla campagna vaccinale? Probabilmente sì, ma è davvero ora un rebus decidere cosa comunicare e cosa fare con la qualità dei numeri a disposizione.
Ecco dunque che uno studio con focus sulla farmacovigilanza attiva avrebbe chiarito la questione che si presenta ora piuttosto spinosa mancando evidentemente la possibilità di setacciare tra dati tipici raccolti con un’indagine clinica proattiva che purtroppo non esiste.
A questo punto sorge spontanea la domanda del perché non siano stati organizzati degli studi di farmacovigilanza attiva anche se promessi chiaramente dal ministro Speranza e dal dr. Magrini.
Senza rischiare di fare delle illazioni, è presumibile pensare che per ragion di Stato si sia voluto proteggere gli italiani da una lettura emotiva del numero di segnalazioni che come è noto in studi di farmacovigilanza attiva risultano sempre molto più numerose.
Gli italiani avrebbero potuto assorbire più facilmente le diffidenze dei no-vax?
E’ un’ipotesi plausibile anche perchè non sarebbero mancate le professionalità e competenze in AIFA per organizzare una vaccinovigilanza attiva.
La speranza è ora che AIFA possa tranquillizzare gli italiani sul dato di 2,4 morti al giorno tra i vaccinati con delle risposte che tuttavia è difficile possa fornire una farmacovigilanza operata su base di segnalazioni spontanee.
Una situazione intorcinata che in fondo ci ricorda che mantenere una promessa conviene sempre.