Covid-19: l’ignoranza nuoce gravemente alla salute

L’ignoranza nuoce gravemente alla salute. E la conoscenza approssimativa può essere letale. Questo è quanto emerge da uno studio internazionale coordinato da esperti dell’australiana University of New South Wales e pubblicato sull’American Journal of Tropical Medicine and Hygiene. Tema: le infodemie e i loro effetti nefasti. Dove per infodemia si intende una “circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili” e dove per effetti nefasti si intendono, nel caso dell’emergenza sanitaria mondiale in corso d’opera, le centinaia di decessi e le migliaia di ricoveri cagionati dall’assorbimento incontrollato di notizie false: terapie non convenzionali (iniezioni di candeggina, aranciata, alcol, gin tonic, ecc.), rimedi “preventivi” e ogni genere di fesseria virale proveniente da personale medico non qualificato.

Gli scribi, i compilatori, i commentatori e gli autori dediti alla fatal minchiata abbonderebbero in base alle ricerche condotte dal team multidisciplinare (epidemiologi, sociologi, massmediologi, ecc.) preposto dall’ateneo australiano. Attingendo da social, quotidiani online e siti di “controinformazione”, e identificando tre ondate infodemiche tra gennaio e aprile, i ricercatori hanno realizzato una mappa globale per esaminare la distribuzione spaziale del numero totale dei rumors, delle frasi discriminatorie e delle teorie complottiste. “Di 2.276 documenti, 1.856 erano dei falsi (82%), 176 con informazione fuorviante (8%), 31 non provata (1%) e i restanti corretti”. “Le affermazioni erano relative a malattia, trasmissione e mortalità (24%), misure di controllo (21%), trattamento e cura (19%), causa della malattia inclusa l’origine (15%), violenza (1%) e varie (20 %)”. La gran parte dei rumors e complottismi è stata identificata in India (circa 400 in totale), USA (poco meno di 400), Cina (poco meno di 300, Spagna (circa 150), Indonesia (poco meno di 150), Brasile (circa 100); l’Italia conta un totale, tra rumors e complottismi, di poco più di 50”.

In assenza di efficaci, nonché capillari, dispositivi spezzacircuito, la disinformazione sistematica durante le fasi infodemiche si è rivelata rovinosa. Ad esempio, la leggenda secondo la quale, se assunto ad alte concentrazioni, l’alcol uccide il virus, ha provocato circa 800 vittime su scala planetaria . “A questa disinformazione sugli effetti dell’alcol sono collegati anche 5.876 ricoveri e infortuni gravi (60 persone hanno perso la vista dopo aver bevuto metanolo come cura per il coronavirus)”. In India, per alleviare la sintomatologia causata dal SarsCov2, almeno 12 persone (tra cui 5 bambini) si sono ammalate gravemente dopo aver consumato un liquore a base di semi di datura, pianta medicamentosa, attenendosi alle indicazioni di un video online che ne esaltava le proprietà curative.

“La disinformazione – conclude lo studio – alimentata da dicerie e teorie del complotto può avere implicazioni potenzialmente gravi per l’individuo e la comunità se prioritaria rispetto alle linee guida basate sull’evidenza scientifica. Le agenzie sanitarie devono tenere traccia della disinformazione associata al COVID-19 in tempo reale e coinvolgere le comunità locali e le parti interessate del governo per sfatarne gli effetti”.