La corsa al vaccino e le iniezioni di Speranza

La corsa all’approvazione dei vaccini anti-Covid si fa sempre più serrata e la sperimentazione, come previsto dalle canoniche fasi di un clinical trial per avere un farmaco efficace e sicuro, è stata compressa a pochi mesi data la ragionevole necessità di arginare il contagio e la perdita di vite umane.

Anche se le pressioni, giustamente, sono enormi, l’emotività non deve farci pensare che questo medicamento sia una panacea e costituisca una soluzione completa e immediata capace di farci tornare alla normalità. 

In primis, non si conosce ancora quanto possa durare l’immunizzazione al virus: si tratta di un vaccino nuovo i cui effetti terapeutici si spera durino lustri, e devono trascorrere anni affinché l’efficacia sul lungo termine venga effettivamente dimostrata.

Come per altre malattie appena scoperte, si è sempre tentato di trovare una cura e, per fortuna, sono lontani i tempi in cui i trattamenti empirici, seppur efficaci, venivano somministrati senza troppi scrupoli ai pazienti.

La dinastia cinese Sung (960 – 1279), probabilmente, è stata la prima a usufruire di una “vaccinazione” per prevenire il vaiolo grazie all’intuizione dei medici della famiglia imperiale. I quali facevano aspirare ai nobili le croste secche delle pustole delle persone infette. 

L’approccio alla sperimentazione, per fortuna, è migliorato, l’etica costituisce un elemento di primo piano per le autorità regolatorie e per le industrie farmaceutiche: un aspetto che incentiva la popolazione ad assumere farmaci o a vaccinarsi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha emanato da tempo delle linee guida per la valutazione clinica dei vaccini in risposta alle richieste delle varie autorità regolatorie nazionali, dei produttori e dei ricercatori, linee guida che si affiancano a quelle della European Agency for the Evaluation of Medicinal Products (EMEA) e della United States Food and Drug Administration (FDA).

Ci troviamo dunque di fronte a una rete virtuosa che mira a proteggere la salute pubblica a livello mondiale prima e dopo la sperimentazione.

Le più recenti linea guida dedicate ai vaccini contro la Covid-19 stabiliscono chiaramente che la sola risposta immunitaria non può essere considerata come surrogato di un esito clinico

Essa è ovviamente indispensabile perché un vaccino funzioni, ma da sola potrebbe non correlare con il reale esito clinico di interesse (clinical endpoint) che si deve necessariamente testare, cioè la prevenzione dalla malattia da Covid-19 sintomatica come pure la prevenzione di Covid-19 grave.

Finora i capisaldi di una corretta sperimentazione clinica sono stati ampiamente rispettati nelle 3 fasi precedenti la commercializzazione dei tanti vaccini anti-Covid, mentre la fase 4 di post-marketing ancora non è iniziata. 

Gli studi di fase 4 consistono nel monitoraggio di sicurezza ed effetti secondari di un medicamento (farmaco o vaccino) nel corso degli anni, dopo la sua introduzione in commercio.

Grazie ad AIFA in Italia esiste un sistema di segnalazione passiva (a basso costo) degli eventi avversi ai vaccini e dal 2014 è stato anche costituito un gruppo di lavoro per la vaccinovigilanza (GLV) con lo scopo di migliorare la sorveglianza sulla sicurezza.

Viene naturale chiedersi se un vaccino, che verrà iniettato su persone sane e la cui introduzione in commercio può richiedere di norma anche 15 anni, avrà solo un sistema di vigilanza passiva. 

Si tratta infatti di un farmaco particolare che, appunto, viene somministrato alla popolazione in piena salute a scopo preventivo e non è un farmaco per malati destinato quindi solo ad alcuni pazienti. Va da sé che il principio di precauzione deve avere la sua massima applicazione.

Come si sta muovendo il Ministero della Salute e quali iniziative ha promosso AIFA? Gli attuali strumenti regolatori sono sufficienti a gestire e a vigilare sulla fase 4 in Italia? Ci sarà vigilanza attiva su tutto il territorio? Ci sarà per iniziativa delle Regioni e solo in alcune di esse? Le linee guida per la valutazione degli eventi avversi saranno implementate?

Non abbiamo dubbi nel credere al ministro Speranza quando ci assicura che il vaccino di contrasto alla Covid-19 sarà disponibile a breve, ma invece di ascoltare la sua propaganda per l’accordo siglato con una multinazionale del pharmabiz, vorremmo avere più informazioni su come questa filiera virtuosa sarà gestita dopo l’iniezione di massa, con l’auspicio che non diventi un groviglio di informazioni e azioni confuse.

Nel Regno Unito è stato creato un consorzio proprio per monitorare attentamente la fase 4 dei tanti vaccini per Covid-19, una lodevole iniziativa nata in ambito accademico che mira a studiare i vaccini in condizioni di uso reale dopo la loro commercializzazione. 

Non ci risultano iniziative simili in Italia.

Fanno sorridere le affermazioni dell’attuale ministro della Salute Speranza quando sostiene di volere un vaccino nel più breve tempo possibile ma sicuro, un ossimoro ben riuscito, degno di un cantore della Storia dell’Europa Mediterranea. 

Come già sottolineato, si tratta di un nuovo virus che ha prodotto una nuova pandemia e, quindi, per forza di cose, non è nemmeno noto il titolo anticorpale protettivo da raggiungere per neutralizzare l’infezione.

Restiamo comunque fiduciosi e aspettiamo prudenti cosa ci verrà comunicato in via ufficiale dal Ministero della Salute, da AIFA o dall’Istituto Superiore di Sanità e quali iniziative saranno promosse per gestire la fase 4: la commercializzazione del vaccino infatti appare imminente, almeno quella riservata, in primis, al personale medico e sanitario.

Auspichiamo, come direbbe qualche russo di spicco (e non è ovviamente Putin con il suo vaccino SputnikV già registrato), Glasnost (trasparenza) dalle istituzioni, ancor prima che dalle aziende farmaceutiche.

Questione non trascurabile, vorremmo anche sapere chi sarà il proprietario dei dati che saranno raccolti dopo la vaccinazione di massa. In un momento in cui l’emotività regna sovrana, i politici si affannano a rassicurare sul farmaco offerto e le aspettative di ritornare alla normalità nel breve termine sono illusorie, l’augurio è che la fase 4 non avvii (malauguratamente a posteriori) una Perestroika (ricostruzione) del sistema di farmacovigilanza in Italia.