Bartomeu in cella, Conte contento, bagarre in coda

Fuori dal campo

Fuori dal Camp Non è stato arrestato Josep Maria Bartomeu, Presidente del Barcellona che non è solo football club, essendo una polisportiva ad azionariato popolare. Mas que un club recita lo slogan ufficiale.

Di Presidenti arrestati o con problemi giudiziari a Barcellona ne hanno visti tanti: Josè Luis Nunez (frode fiscale), Joan Gaspart (bancarotta), Joan Laporta, quello dell’epoca Guardiola e tiki taka, (falso in bilancio).
Meno di prammatica e più inquietante il reato contestato a Bartolomeu: aver creato una rete di account social per spammare contenuti volti a denigrare i contestatori della linea presidenziale. Messi, insomma, trattato come un dissidente politico.
Fa specie considerare quanto debbano essere efficaci queste azioni, quanto sia manipolabile l’opinione pubblica attraverso i social e quanto relativamente accessibile debba essere la soglia di investimento per questo genere di attività, per la quale esistono società specializzate.

Sempre fuori dal campo, ma negli spogliatoi, Antonio Conte ha parlato di “resilienza dei giocatori” dell’Inter. C’è stata una frazione di secondo di gelo nella sua espressione ascesa sino ai satelliti e poi ridiscesa nello schermo che ha vibrato. Un brivido e poi un sorriso per aver pronunciato la parola del momento. Poco importa se non fosse chiaro il senso e il perché. Conte contento lo si vede così raramente che almeno dal punto di vista estetico la sua intervista dopo Parma Inter è passata come un capolavoro.

Sul campo

Continuiamo con Conte. L’Inter è prima e ha strappato come un ciclista sulla cima impegnativa, nel momento decisivo, quello di debolezza altrui. A prescindere dai numeri impressionanti (65 gol fatti e 25 subiti) i nerazzurri hanno raggiunto un equilibrio solido, una sicurezza tattica, una convinzione psicologica che mancavano dai tempi andati e d’oro di Mourinho. Conte ha saputo rinunciare al feticcio Vidal, controfigura schiumosa del centrocampista che fu, e all’irruenza brizzolata di Kolarov. Ha saputo ricredersi su Erikesen, trovandogli spazio, e rinnegare Gagliardini. In questi ripensamenti sta la forza del trainer e della sua squadra. Mancano 13 partite ma è difficile immaginare i nerazzurri, senza incombenze extra lega, involversi e lasciare spazio alle incerte avversarie.

Conte, Marotta e la loro Inter si avviano a vincere lo scudetto senza una società alle spalle, stanti le condizioni finanziarie di Suning. Dovesse accadere davvero, sarà evento da almanacchi.

Il folto gruppetto alle spalle dei nerazzurri si segnala per incostanza e mediocrità di gioco. La Lazio dopo l’exploit di Bergamo è collassata, complice le precarie condizioni di Immobile e una selva di difensori selvatici. La Roma attende di rifondarsi. La Juventus non ha mai vinto più di tre partite di fila. Non ha un vero centrocampo e Ronaldo inizia ad accusare il tempo che passa.

Come preannunciato, la bagarre è nelle retrovie. Sette squadre in otto punti, cinque in cinque, escludendo le ultime due, Parma e Crotone.
Un girone infernale in cui si deciderà tutto nelle ultime giornate. Ne fanno parte il Torino e la Fiorentina, due team di antica gloria e dal presente molto incerto.

La pandemia con la connessa crisi finanziaria ha appiattito verso il basso i valori.

Match clou della giornata Juventus Lazio e Spezia Benevento.