Vivere bene con un libro e un vino

Un libro di Giancristiano Desiderio ci consegna un’idea di verità che ritroviamo nel rossese di Maccario Dringenberg

Dico la verità, non avrei mai letto, sbagliando, un testo dal titolo “La verità, forse” se non l’avesse scritto una persona capace di stare a tavola con allegria e di ordinare baccalà in umido non appena appresane la disponibilità dal menù orale, urlato dal cameriere agli astanti di una tavola nascosta in una trattoria periferica.

Tra l’altro, l’idea di verità, ci ricorda Giancristiano Desiderio proprio nelle prime pagine del suo scritto, è circondata dal sospetto.

È la verità ad aver ispirato e giustificato feroci crimini da parte di coloro che ritenevano di esserne gli unici depositari. Ed è sempre la verità ad alimentare, paradossalmente, incertezze laddove, per effetto del moltiplicarsi e diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa, a una verità se ne sovrappongono altre in pochi minuti (basti considerare qualsiasi storia/notizia che apprendiamo in rete e che trova in rete immediatamente diverse versioni, diversamente vere).

Sennonché il libro, a dispetto di ogni pregiudizio scoraggiante, con uno stile godibile e una scrittura scorrevole, ripercorrendo tappe del pensiero filosofico, pian piano scardina la verità dalla teca del definitivo, presupposto del dominio.

La verità, piuttosto, va intesa come conoscenza dei fatti, nel loro continuo susseguirsi, necessaria all’uomo per poter esercitare il giudizio e limitare il potere.
In questa prospettiva, dunque, la verità cessa di essere fondamento di fideismi e totalitarismi, per divenire strumento necessario alla libertà individuale.

Riflettendo sulla verità col bicchiere in mano, d’impulso l’idea cade su un Pinot Noir di Borgogna giacché lì risiede l’incontestabile enoico.
Viver bene e viver liberi, adottando la prospettiva di Desiderio, implica conoscere per liberarsi dal giogo del potere, se non contestarlo, almeno affrontarlo dialetticamente. E allora dalla Francia ripiombiamo nelle patrie vigne. In Liguria in particolare, regione enologicamente sottovalutata. 

Abbarbicata su pendii scoscesi, presa tra il mare e le alpi, a due passi dalla Francia stessa, la vigna Posaù è radicata a terrazze in terreni pietrosi scoscesi.
Dalle uve di questa vigna la sapiente arte della cantina Maccario Dringenberg estrae un vino che sembra parlare a chi lo beve, confessando segrete conoscenze per vivere bene.

E se l’idea di quell’area a ponente evoca, con inganno, l’asprezza della terra, spigolosità di viti antiche, atro di vecchi tronchi bruciati da sole e vento, il vino restituisce ai sensi l’armoniosità del paesaggio immensurabile sino all’asfissia, l’aspra tenerezza dei fiori selvatici, la delicata robustezza dei quarzi.

Il Rossese di Dolceacqua Posaù (millesimo 2013) corposo di speziature e mineralità, accarezza, coinvolge, rapisce con un colore che pare una fusione di cristallo e rubino, una trama fine, elegante e avvolgente di morbidi petali e piccoli frutti. Echi aromatici, lunghi quanto lo spazio per l’orizzonte in fondo al mare, definiscono una persistenza non comune. 

Un bicchiere che schiude ad una dimensione di pace e piacere, contraltare e ricompensa della guerra e della fatica che occorrono per allevare vigne in condizioni estreme.

Conoscere questo vino, recondito ai più, può essere necessario per possedere la libertà di contenere il potere dei altezze reali di Borgogna.

Il libro:
La verità, forse
Piccola enciclopedia del sapere filosofico dai Greci allo storicismo
Liberilibri – pagg. 264€ 16

La bottiglia:
Rossese di Dolceacqua superiore Posaù 2013
Cantina Maccario Dringenberg – San Biagio della Cima (IM)€ 17,00

Questo pezzo è apparso sul Roma a dicembre 2015.