Nautilus, lo spumante che emerge dal lago d’Iseo

A Montisola, sul lago d’Iseo, ci si arriva solo con il traghetto perché l’accesso alle auto non è consentito. Nel week end la passeggiata che costeggia le sponde del lago è affollata di turisti, ma durante la settimana regna un silenzio interrotto dal garrito dei gabbiani e da qualche motorino di passaggio.

Sul molo a sud-est dell’isola la superficie dell’acqua è increspata solo da una famigliola di anatre e mai verrebbe da pensare che a 40 mt di profondità più di tremila bottiglie di spumante fluttuano rinchiuse in gabbie di zinco depositate sul fondale.

In quelle bottiglie è racchiuso il sogno divenuto realtà del signor Belingheri, Alex per l’anagrafe e per chi lo conosce. Classe 1978, titolare dell’Agricola Valcamonica e produttore di vini.

Passato da pilota di Formula 3, poi la gestione del ristorante di famiglia. Ora viticoltore appassionato.

«L’idea mi è venuta leggendo un articolo sul giornale. Anni fa hanno ripescato 170 bottiglie di champagne da un relitto in fondo al Mar Baltico. Erano nella stiva della nave da quasi 200 anni ed erano ancora buone. Così ho iniziato a fantasticarci sopra. Tempo dopo, ho scoperto che un produttore in Liguria aveva provato l’affinamento del vino in fondo al mare con ottimi risultati. E’ stato allora che mi sono detto: perché non farlo in fondo al lago?»

Alex racconta che i primi con cui ha condiviso quest’idea sono stati i suoi familiari.

«Ricordo ancora quel momento. Eravamo a tavola. Avevamo appena finito di mangiare, quando ho raccontato le mie intenzioni. All’inizio erano un po’ scettici. Poi ho mostrato loro l’articolo e si sono convinti che si poteva fare».

Così, nel 2009, dopo aver ottenuto il via libera dal Consorzio dei Laghi (ente che regola l’utilizzo del demanio del lago e dei relativi porti), Alex si mette al lavoro per trovare un luogo dove inabissare le bottiglie.

«Abbiamo fatto delle immersioni con il Gruppo Sub Montisola. La sfida era trovare un fondale che fosse adatto ad ospitare il vino. Con un robot, abbiamo perlustrato il fondale per trovare quello che facesse al caso nostro. La parte nord del lago era troppo rocciosa e c’era il rischio che le casse restassero impigliate. La parte sud invece era troppo limacciosa. Così abbiamo scelto di depositarle qui».

Qui è nei pressi dell’isola di San Paolo, a pochi metri dall’imbarcadero dei traghetti che collegano Montisola a Sulzano. Un molo dove ogni anno, a metà giugno, con un evento che coinvolge turisti e appassionati, vengono estratte le bottiglie affinate negli anni precedenti e calate quelle nuove. Lo spumante che se ne ricava riporta sull’etichetta il nome di “Nautilus”, in onore della sua natura subacquea.

Alex racconta di come all’inizio sia stata dura vendere il suo prodotto e di come molti ristoratori della zona, ancora oggi, credano che il suo vino sia una mera operazione di marketing.

«Ci sono voluti 10 anni per convincerli che si sbagliavano. Che se utilizzavo questo metodo di affinamento era per motivazioni tecniche, oltre che per una reale necessità. Non disponendo di una cantina adatta, il lago era il posto migliore. Sott’acqua, poi, ci sono 5° di temperatura costante, buio assoluto e il galleggiamento che permette ai lieviti presenti nella bottiglia di mischiarsi. In una cantina “normale”, al massimo avrei trovato 10° di temperatura e il gusto non sarebbe stato lo stesso».

Per comprendere ancor di più le ragioni che lo hanno spinto a questa scelta, bisogna tener conto del fatto che sul Lago d’Iseo e nella vicina Valcamonica, a far da padrone sono i vini della Franciacorta e i vini della Valtellina.

Non è difficile quindi immaginare come Alex abbia cercato un’idea innovativa per farsi spazio tra questi due giganti.

Con 20.000 bottiglie l’anno e 9 etichette tra rossi, bianchi e spumanti, dal 2003 Alex manda avanti la sua impresa in un territorio dove prima di lui, nessuno avrebbe mai pensato di produrre vini, figuriamoci sott’acqua.

«Da sempre, qui in Valcamonica, quella del viticoltore è considerata un hobby, non una professione. Chi ha un terreno con delle vigne se ne occupa nei week end, e al massimo il vino lo mette sulle proprie tavole. I primi tempi, quando mi vedevano in vigna durante la settimana, non se ne capacitavano. Ci sono voluti anni per convincere le persone che si poteva fare, e si poteva fare bene».

Le bottiglie che giacciono oggi in fondo al lago sono dell’annata 2015, ed è strano pensare a come nel frattempo il mondo in superficie sia cambiato.

«Il Covid ci ha fermati per 6 mesi. I miei clienti principali sono ristoranti, enoteche e bar e di solito a dicembre, con le festività, abbiamo il picco delle vendite. Poi a gennaio e febbraio l’attività cala per riprendere a marzo. Con la pandemia siamo rimasti fermi fino a giugno. Per fortuna, ho potuto continuare con il lavoro in vigna grazie alle deroghe previste dai vari DCPM».

Malgrado la diffusione del virus, chi lavora in campagna non può permettersi di fermarsi. Ancora di più nei vigneti dove il lavoro di potatura, legatura e pulizia è costante e continuo lungo i filari.

Nonostante la vicinanza con Bergamo e Brescia, la Val Camonica è stata una delle aree meno colpite dal Covid e durante il lockdown Alex ha avuto la fortuna di poter mandare avanti l’azienda.
«Era più il tempo speso per mostrare le autocertificazioni che altro».

Con i suoi 100 km di estensione e i 180 siti di incisioni rupestri riconosciuti patrimonio Unesco, la Valcamonica è «un posto meraviglioso perché immerso nella natura. Dà un senso di libertà. Ma è anche una comunità molto legata alle tradizioni e poco propensa alle novità o ai cambiamenti» rivela Alex poco prima di congedarsi.

«Io non avevo mai vinificato prima. E vinificare e andare subito in acqua è stato un azzardo. Ho fatto tutto per capire se il mio progetto potesse avere un futuro. Sono passati 10 anni e sono ancora qua».